L'Italia Giolittiana - Giovanni Giolitti

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    L'Italia Giolittiana
    Giovanni Giolitti - Riassunto Storia

    Giolitti “ministro della malavita”?
    (Lo storico Salvemini riconobbe la superiorità di Giolitti rispetto a Mussolini.)

    La figura dominante dell’Italia fra il 1901 ed il 1914 fu quella di Giovanni Giolitti, ministro degli Interni.
    Si pensa che Giolitti sia preferibile a Mussolini dato che ebbe il buon senso di non frastornare i movimenti spontanei dell’economia italiana.
    Non appena Giolitti diventò ministro degli Interni nel 1901, e abbandonò la politica di comprensione contro le organizzazioni operaie, si scatenò per due anni in Italia (e specialmente nelle campagne) un ciclone di scioperi senza precedenti.
    Giolitti sarebbe stato, al secolo dell’illuminismo, un sostenitore del dispotismo illuminato: cioè un conservatore paternalista, che riconosceva ai poveri il diritto di mangiare un po’ di più, vestire un po’ meglio, e fare il possibile per raggiungere quei risultati.
    Quando non era al governo, Giolitti aveva spesso deplorato che il sistema tributario italiano fosse progressivo alla rovescia. Ma durante il suo governo non trovò mai la volontà di qualche ritocco, al quale spesso fu trascinato da iniziative della opposizione parlamentare.
    Questo era il bene che non fece, ed il male che fece?
    La Camera italiana era formata da 508 deputati, dei quali 3/5 eletti nell’Italia settentrionale e centrale e 2/5 nell’Italia meridionale e nelle isole. Nel Nord esisteva ormai una opinione pubblica organizzata.
    Non trovando nel Nord una solida permanente maggioranza, Giolitti andava a costituirsela nel paese dei terroni. Qui “vendeva il prefetto e comprava il deputato”, cioè metteva il prefetto a servizio di quel deputato che si metteva a servizio di Giolitti.
    C’era un’autonomia amministrativa illimitata per i sindaci ed i consiglieri che appoggiava Giolitti, mentre per chi si opponeva a lui gli aspettava una “grave ragione di ordine pubblico” cioè lo scioglimento del consiglio comunale con la sostituzione di un commissario regio che riceveva dal prefetto, che a sua volta l’aveva ricevuta dal deputato, la nota dei capi partito che dovevano vincere l’elezione.
    Quel che avveniva nelle elezioni amministrative, si ripeteva nelle elezioni politiche.
    Giolitti era dittatore solo nel giorno delle elezioni, solamente dove era necessario, e nei limiti della necessità.
    Nel 1914 l’Italia del Nord e del Centro aveva una democrazia (non perfetta) in sviluppo. L’Italia meridionale (anche se nelle sue condizioni arretrate e con la vergogna delle elezioni “governative”) aveva avuto la sua parte di progresso che non era disprezzante.
    Se l’Italia avesse avuto un altro trentennio di progresso economico, intellettuale e politico, anche l’Italia meridionale sarebbe entrata in quella che allora era la zona della “civiltà”. Quei trent’anni mancarono. Venne la prima guerra mondiale.

     
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