I Numeri Romani

Come contavano i nostri antenati?

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    Ognuno di noi utilizza quotidianamente i numeri. Per quanto la matematica sia disprezzata da chiunque la studi, salve alcune rare eccezioni, essa ci accompagna dalla nascita fino al momento in cui lasciamo questo mondo. Solo per fare due banalissimi esempi, una delle prime operazioni svolte dai medici nei confronti di un neonato è la pesatura, la quale si esprime mediante numeri; una delle ultime azioni compiute nei nostri confronti è, per quanto triste possa essere l’immagine, la misurazione delle nostre dimensioni, altezza, larghezza e così via. Senza cifre siamo perduti: non potremmo recarci nei negozi per comprare ciò che più ci aggrada, non potremmo utilizzare alcun sistema informatico o automatizzato, la stessa scienza, e, di conseguenza, tutte le scoperte ad essa collegate, non esisterebbe, probabilmente anche la mera comunicazione sarebbe messa a rischio. Da qui la necessità di conoscere, o almeno comprendere, il nostro sistema di numerazione.
    Bisogna sapere che, nonostante la lunghissima tradizione proveniente dal mondo romano e ancora viva oggi, i numeri che utilizziamo sono stati introdotti dagli Arabi e non dai Romani. Le cifre e i simboli matematici elementari risalgono difatti al primo secolo d.C. e provengono dalle lontane terre d’Oriente, non da Roma. Ciò ha portato i più a trascurare, erroneamente, i cosiddetti numeri romani, senza considerare che, mediante una diretta e completa conoscenza di questi, non solo si arricchisce il proprio patrimonio culturale, ma si riesce anche a comprendere diverse scritte che stanno tornando di moda oggi e che, probabilmente, non sono mai state abbandonate del tutto.





    Il sistema di numerazione romano risale al primo secolo avanti Cristo, anche se vi sono elevate probabilità che abbia origini persino anteriori: difatti prima di identificarsi con le lettere dell’alfabeto, i simboli, che, come vedremo, sostituiscono i numeri arabi, erano un insieme di segni grafici rettilinei e curvilinei, già adottati dagli etruschi. Basti pensare che la D era indicata con due tratti che ricordano una I e una C rovesciata: ; mentre il simbolo della M era una C, una I e una C rovesciata: CIƆ.
    Si ritiene che i numeri romani nacquero dalla necessità di intagliare, su un tavole di legno, dei segni per poter tenere un conteggio: la I indica chiaramente una tacca e, infatti, corrisponde al numero uno. Ovviamente sorse il problema di contare le tacche: immaginando una successione di n tacche, con n sufficientemente grande, si può facilmente intuire la difficoltà di stabilire l’esatta quantità di segni presenti. Per ovviare a questo fastidioso problema, furono introdotti due simboli, la V e la X, da inserire ogni quattro I, in modo da evitare che il lettore si confonda. La V, corrispondente al numero cinque, ricorda la forma di una mano aperta, con appunto cinque dita; mentre la X, dieci, rimanda al doppio di cinque, ovvero a due mani aperte (dieci dita).






    Per poter comprendere la scrittura romana dei numeri, occorre innanzitutto conoscere i simboli utilizzati e il loro significato. I segni fondamentali sono sette e permettono di contare fino a 3888, oppure fino a 4999 (vedi sotto). Per i numeri successivi si adottano gli stessi simboli con piccole aggiunte grafiche.

    • Il numero zero: gli antichi Romani non conoscevano il numero zero, che, infatti, fu introdotto dagli Arabi. In effetti nel sistema romano, come si vedrà, non vi era alcuna necessità di utilizzare tale simbolo: i numeri decimali ancora non esistevano, o, meglio, erano espressi mediante frazioni; mentre i numeri grossi venivano resi con particolari segni grafici.

    • Il numero uno: come si è già accennato il numero uno era indicato con una tacchetta, un semplice segno verticale che ricorda la nostra I maiuscola.

    • Il numero cinque: il cinque era sostituito da una V, in modo da richiamare le dita di una mano.

    • Il numero dieci: come anche i bambini sanno, dieci è il doppio di cinque e, raddoppiando la V, cioè specchiandola, si ottiene una X.

    • Il numero cinquanta: al contrario degli altri segni, per i quali esistono alcuni collegamenti che possono facilitarne la memorizzazione, il simbolo del numero cinquanta non ha una storia particolare: esso ricorda la nostra L maiuscola e così va ricordato.

    • Il numero cento: forse uno dei più facili da rammentare, il numero cento era associato ad una C maiuscola, come se i Romani, veggenti, avessero previsto la prima lettera della parola che, solo dopo secoli, avrebbe indicato tale cifra.

    • Il numero cinquecento: esattamente come L, anche cinquecento non rimanda direttamente al simbolo usato nell’antica Roma: una D maiuscola, che, per i puristi, andrebbe indicata come la somma tra una I e una C rovesciata, .

    • Il numero mille: infine il numero mille completa l’insieme dei sette segni grafici fondamentali per il sistema romano: una M maiuscola (per i puristi CIƆ), anche in questo caso facile da ricordare.



    I 7 Simboli Fondamentali

    Numeri arabiNumeri in lettereNumeri romani
    0zeronon esistente
    1unoI
    5cinqueV
    10dieciX
    50cinquantaL
    100centoC
    500cinquecentoD
    1000milleM





    Accanto ai simboli fondamentali, ve ne sono altri, utili per i numeri con molti zeri, che riprendono i precedenti con qualche piccola aggiunta grafica (facile da ricordare, un po’ più difficile da scrivere al computer). Sostanzialmente si individuano tre gruppi di operazioni:

    1. Moltiplicazione per mille: per moltiplicare il valore del simbolo per mille è sufficiente aggiungere una piccola linea sopra il simbolo stesso.

    2. Moltiplicazione per centomila: se si vuole moltiplicare il numero per centomila, occorre bordare il simbolo con una linea semplice, come se si volesse inserire una cornice, non chiusa inferiormente.

    3. Moltiplicazione per un milione: affinchè il valore venga moltiplicato per un milione, bisogna aggiungere due piccole linee sopra il simbolo che indica il numero base.


    I Simboli Derivati

    MoltiplicazioneSegno grafico da aggiungereEsempio
    MilleLinea semplice sopra il simboloV : cinquemila
    CentomilaCornice aperta inferiormente : cinquecentomila
    Un milioneDoppia linea sopra il simbolo : cinque milioni





    Dopo aver compreso e memorizzato i segni grafici utilizzati dai Romani per scrivere i numeri, occorre analizzare le regole che venivano utilizzate e che, sostanzialmente, specificano come vanno letti i simboli quando non sono isolati, ma sono in gruppo: difatti è molto raro che si utilizzi una cifra da sola (per esempio i numeri da 0 a 9), spesso i numeri sono a coppie o, comunque, con molte cifre successive. Se per noi è banale leggere 153, non lo è per chi non conosce i principi da applicare nella lettura: un romano non leggerebbe centocinquantatre, bensì quarantatre.
    Innanzitutto occorre specificare che il sistema di numerazione romano è additivo, ovvero il numero finale, formato da una serie di simboli, è dato dalla somma dei valori dei singoli simboli.
    All’inizio abbiamo detto che, con i soli simboli fondamentali, si può contare fino a 3888 oppure fino a 4999. Il perché di questa affermazione è spiegato tramite l’individuazione di due tradizioni:

    1. La prima tradizione è quella classica e prevedeva che ogni simbolo potesse essere ripetuto al massimo quattro volte consecutive: ad esempio il numero quattro era indicato con quattro volte uno cioè IIII. Questa tradizione, che potremmo definire originale, non conosce la sottrazione ed è caduta in disuso, pertanto non verrà approfondita (in ogni caso, non varia molto dalla prossima, occorre solo tenere presente quanto specificato). Tramite la ripetizione di un simbolo per quattro volte consecutive, si può contare, con i fondamentali, fino a 4999.

    2. La seconda tradizione è quella medievale ed è anche quella più diffusa e famosa. Questa tradizione permette di raggiungere, con i sette simboli base, il valore 3888.

    La tradizione medievale si fonda su alcune semplici regole che devono essere sempre seguite per una corretta interpretazione e scrittura dei numeri:

    1. Regola numero uno: un simbolo può essere ripetuto al massimo tre volte consecutive. Per esempio il numero tre è indicato con III, tre volte uno.

    2. Regola numero due: i simboli soggetti alla regola numero uno sono solo I, X, C, M e i loro derivati. Per esempio trecento si scrive CCC, ma mille e cinquecento non viene indicato con DDD.

    3. Regola numero tre: quando un simbolo è seguito da un altro che indica un valore minore, si applica l’additività del sistema, ovvero il numero finale è dato dalla somma dei singoli valori: ad esempio quindici si indica con XV cioè dieci più cinque.

    4. Regola numero quattro: quando un simbolo è seguito da un altro che indica un valore maggiore, si effettua la sottrazione tra i due valori (e in questo si ritrova la novità del sistema medievale): ad esempio nove si scrive IX cioè dieci (la X) meno uno (la I che precede la X).

    5. Regola numero cinque: sono soggetti alla regola numero quattro solo i simboli I, X, C, M e i loro derivati. Mille e novecentocinquanta non si indica con LM, bensì, come vedremo, con CML.

    6. Regola numero sei: applicazione delle regole precedenti nel caso di numeri con molti simboli. Finora abbiamo considerato casi piuttosto semplici, ovvero numeri con coppie di simboli (oppure con tre simboli tutti uguali); vediamo cosa succede con valori più complessi. Il principio da tenere presente è il seguente: se un numero può essere espresso mediante l’additività, non si utilizza la sottrazione. Probabilmente i monaci del Medio Evo, quando hanno introdotto le regole uno e quattro, hanno preferito modificare il meno possibile il sistema tradizionale; ciò va a nostro vantaggio in quanto, imparando il sistema medievale, con alcune piccole correzioni, si comprende anche il sistema tradizionale. Per esempio diciotto potrebbe essere scritto come XVIII (dieci più cinque più tre volte uno) oppure come XIIX (dieci più dieci meno due): il principio da seguire ci dice che il secondo simbolo è sbagliato e si utilizza XVIII. Questo porta alla formulazione di un secondo principio da seguire: i numeri romani possono essere analizzati per coppie di simboli. Ciò significa che, se dobbiamo leggere un numero con molti simboli, non tutti in ordine crescente, MCMLIX, si procede da sinistra verso destra e, non appena si incontrano due simboli che rispettano la regola numero quattro, tali simboli si leggono insieme. Nel nostro caso: mille (M), novecento (CM, si leggono insieme), cinquanta (L), nove (IX, si leggono insieme). È importante sottolineare che la sottrazione può avvenire solo tra due simboli e non di più: non è ammessa la scrittura IIX, dieci meno due, ma solo IX, dieci meno uno (ciò per evitare che uno stesso numero, otto, possa essere indicato in due modi, VIII e IIX). Come si può notare i valori che si ottengono sono tutti in ordine decrescente: mille > novecento > cinquanta > nove. Se così non avviene, allora vi è qualche errore di scrittura o di lettura.

    Ora dovremmo essere in grado di capire perché, con i sette simboli fondamentali, si può arrivare al massimo a 3888. Innanzitutto, se si vuole raggiungere il massimo valore, di certo non si applica la sottrazione, perciò dobbiamo scrivere i sette segni base in ordine crescente applicando, ove possibile, la regola numero uno: MMMDCCCLXXXVIII, cioè tremila (tre volte mille, la M segue la regola uno), cinquecento (D, che non può essere ripetuta) più trecento (tre volte cento), cinquanta (L) più trenta (tre volte dieci), cinque (V) più tre (tre volte uno). Se invece si applicasse il sistema tradizionale si avrebbe: MMMMDCCCCLXXXXVIIII, cioè, quattromila, cinquecento più quattrocento, cinquanta più quaranta, cinque più quattro.
    Siamo finalmente in grado di capire e scrivere i numeri romani.





    Il sistema descritto, sia tradizionale che medievale, non è per nulla adatto ad effettuare i calcoli, nemmeno quelli elementari. Per questo motivo i Romani usavano uno strumento, chiamato abaco, che permetteva loro di effettuare addizioni e sottrazioni. Per non aggiungere troppe informazioni in questo topic, a questo affascinante strumento sarà dedicato un altro articolo.


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    Io li ho imparati al lavoro, al cimitero ogni campo e segnato con un numero romano:

    Campo I - II ecc. Prima il mio nik era Campo Logico poiché in ogni campo nella vita ci vuole un po di logica.

    Poi lo abbreviato appunto per il lavoro che faccio XD
     
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    CITAZIONE (Campo™ @ 22/10/2015, 17:09) 
    Io li ho imparati al lavoro, al cimitero ogni campo e segnato con un numero romano:

    Campo I - II ecc. Prima il mio nik era Campo Logico poiché in ogni campo nella vita ci vuole un po di logica.

    Poi lo abbreviato appunto per il lavoro che faccio XD

    :yesyes:
     
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