Nei panni di un Senzatetto

come sopravvivere vivendo come un Barbone

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    Nei panni di un Senzatetto.
    Come sopravvivere vivendo come un barbone.




    « La presente discussione non vuole, in alcun modo, screditare quella fascia di persone che appartengono a un ceto sociale senza fissa dimora; ma semplicemente informare, attraverso un'analisi tecnica, quali possano essere le eventuali difficoltà nell'affrontare uno stile di vita atipico come quello dei Senzatetto, dei Clochards o dei Barboni. »

    Una delle conseguenze più importanti (e a impatto sociale) della crisi mondiale è stato l'aumento dei senzatetto nelle maggiori città europee. Si stima che, in Italia, tale numero abbia ormai superato gli 80.000 individui; una cifra destinata ad aumentare sempre maggiormente, sia a causa delle condizioni economiche sfavorevoli, sia per l'inadeguata gestione delle risorse da parte del nostro paese, soprattutto nei confronti di questa classe sociale.
    Le persone senzatetto, senza fissa dimora, conosciuti anche come Clochards o, nella consuetudine odierna, con il termine semi-dispregiativo di Barboni, sono soggetti disagiati che sopravvivono quotidianamente in una condizione instabile di adattamento suburbano. Questa condizione, per molte persone, è divenuta una vera e propria scelta di vita: individui appartenenti a ceti e classi sociali differenti, che a causa di difficoltà economiche o a causa di eventi di forza maggiore, scelgono di cambiare il proprio stile di vita, riadattandolo, in modo da riuscire a sopravvivere alla giungla urbana. Nonostante questo, risultano essere molti, i senzatetto, che scelgono questa strada semplicemente per cambiare le proprie condizioni di vita quotidiana; persone che si sentono sempre più soffocate da imposte e tributi, da una situazione famigliare instabile o anche solo per distaccarsi da una società e da una realtà che non trovano compatibile con il loro modo di vivere e di pensare. Questi individui preferiscono chiudersi in un mondo nuovo, distaccato e invisibile, che passa inosservato o, volutamente, ignorato dal resto della comunità.
    Nei casi peggiori di tratta di immigrati o di persone che hanno perso la propria stabilità economica (casa e/o famiglia) a causa di scelte di vita errate o dell'accumulo di debiti e, di conseguenza, di tutti i problemi che ne derivano. In questi casi, il soggetto si è visto strappare dalla propria condizione sociale, per divenire un senzatetto nel giro di pochi giorni, rendendo l'adattamento estremamente difficile sia livello fisico sia a livello psicologico. La maggioranza di queste persone non ha la possibilità di aggrapparsi al sostegno di familiari e amici, di chiedere aiuto a conoscenti e soprattutto non hanno più la forza per reagire alle difficoltà che hanno smantellato la loro precedente esistenza.
    Sono comuni, specialmente all'estero, i casi di persone che hanno perso tutti i loro averi cercando fortuna in terre straniere, per poi ritrovarsi costretti a tornare in patria senza avere più un posto dove dormire.


    « Ma come è possibile sopravvivere oggigiorno nei panni di un senzatetto? »


    La prima regola, in qualsiasi situazione sfavorevole o atipica, è quella di sapersi arrangiare. Il principale punto di forza dell'essere umano è l'essere in grado di adattarsi a qualsiasi situazione, ma anche il saper adeguare l'ambiente in cui vivere alle proprie esigenze. In un ambiente avverso come quello urbano è molto più facile arrangiarsi, proprio grazie alle caratteristiche ambientali alterate dall'operato umano e alla disponibilità di beni primari che, in un altro luogo, risulterebbero meno accessibili o, comunque, risulterebbero molto più complessi da individuare e reperire.
    Il Riparo:
    Nonostante il termine di "senzatetto", l'importanza di un rifugio è qualcosa di essenziale per la sopravvivenza in qualsiasi ambiente, che esso sia ostile oppure no. Il rifugio, dove potersi stabilire e dove poter riposare in caso di intemperie o durante la notte, deve essere scelto accuratamente, prendendo in considerazione varie alternative come: il riparo dalle intemperie (l'atrio di un portone, un porticato, una struttura che non sia esposta direttamente a correnti d'aria e che abbia una superficie estesa in grado di coprire totalmente il corpo), le condizioni ambientali (un luogo che sia abbastanza fresco nelle giornate calde o poco esposto e ben coperto nelle giornate fredde e umide), l'esposizione a fattori esterni (luoghi poco frequentati o proprietà pubbliche che permettano di non essere disturbati durante il riposo o durante i pasti), il transito di persone e animali (ambienti poco accessibili e frequentati che non rechino disturbo al prossimo o che possano indurre l'intervento delle forze dell'ordine) e altri piccoli elementi non meno importanti (un giaciglio comodo, un contenitore per il trasporto dei propri averi e il reciproco sostentamento con gli altri individui che si trovano nelle stesse condizioni). Tutti questi elementi posso ricreare una vera e propria abitazione a cielo aperto, una specie di campeggio urbano, dove bisogna sempre tenere in considerazione la mancata proprietà del luogo in cui si dimora.

    Il maggior svantaggio dei "senza fissa dimora" sono appunto le proprietà o i permessi di accesso ai principali servizi di cui hanno bisogno. La maggior parte di queste persone è nullatenente e quindi non ha le stesse libertà che possiede un individuo appartenente a un ceto sociale superiore. Questo fattore può rendere avverso qualsiasi ambiente, compreso quello urbano che, nello specifico, dovrebbe essere un privilegio per la vita umana. L'aiuto reciproco è essenziale per avere un maggiore controllo territoriale e soprattutto per riuscire ad affrontare qualsiasi situazione imprevista.

    Nel periodo autunnale e in quello invernale, il freddo è il maggior nemico per un senzatetto. La necessità di avere un riparo sicuro, sia per le condizioni atmosferiche che per l'accessibilità, è un requisito fondamentale e primario. Vestiti, calzature e altri capi di abbigliamento sono facilmente reperibili rovistando nei cassonetti dell'immondizia oppure in quelli dedicati alla raccolta degli indumenti usati; in alternativa esistono enti pubblici e privati, parrocchie e centri della Caritas adibiti proprio al sostegno per tali disagi. Reperire un abbigliamento pesante è molto più semplice di quanto sembri, ma per un soggetto inesperto, anche questo piccolo compito potrebbe risultare complesso; per questo motivo è necessario socializzare con altri individui nelle stesse condizioni, ma con maggiore esperienza. Dopo tutto in qualsiasi ambiente ostile, che sia famigliare o sconosciuto, l'unione fa la forza.
    Il classico scatolone di cartone o la coperta di lana sono i principali mezzi per combattere il freddo; anche i luoghi più riparati possono risultare pericolosi quando le temperature esterne scendono al di sotto degli zero gradi centigradi. Isolare il corpo dal freddo può cautelare la propria salute o la propria sicurezza. Alcuni Clochard utilizzano i tipici accorgimenti degli escursionisti, sfruttando (al posto di materiali high-tech) i pochi mezzi che hanno a disposizione, come imbottire le vesti con sacchetti di plastica e carta di giornale per aumentare la resistenza termica e diminuire la dispersione di calore.

    I più fortunati troveranno cuccette, lettini o giacigli in centri d'assistenza adibiti per l'accoglienza, predisposti direttamente dai comuni o dalle parrocchie locali; mentre altri potranno indirizzarsi verso metropolitane o stazioni che, il più delle volte, sono riscaldate (o almeno coperte). Nei casi più estremi, si potrà dormire insieme a un altro senzatetto in modo da sostenersi a vicenda e scaldarsi reciprocamente.

    Il Cibo:
    Forse la difficoltà maggiore, soprattutto per un disagiato alle prime armi, risulterà la fonte di alimentazione. Procurarsi il cibo quando si è impossibilitati a metter mano al portafoglio, diventa estremamente difficoltoso. Nonostante questo, molte amministrazioni comunali dedicano, a questa classe sociale, delle strutture predisposte, nelle quali è possibile approvvigionarsi (in modo gratuito) con pasti caldi e bevande. Anche molte parrocchie offrono tali servizi ai poveri, rendendo disponibile uno o due pasti al giorno e, soprattutto, sostengono le difficoltà di queste persone con supporto e calore umano.
    Sarà, inoltre, possibile chiedere assistenza agli enti pubblici che recuperano, da aziende del settore alimentare e dalla piccola distribuzione, alcune derrate in fase di scadenza o i cui processi di confezionamento hanno danneggiato il prodotto finale. Tali alimenti sono solitamente recuperati dalle regioni o da enti predisposti da esse per poi essere distribuite a terze parti.

    Meno facile, ma non impossibile, sarà l'elemosina. Richiede, per strada, l'assistenza e il supporto delle persone tramite donazioni di cibo (e non di soldi), così da potersi guadagnare il favore e il rispetto altrui, dimostrando che la vostra è una necessità primaria e non una semplice elemosina per racimolare del denaro. I più disperati possono rovistare nei cassonetti presso centri commerciali, ristoranti o panifici, oppure chiedere direttamente al personale, di questi enti privati, se è possibile avere alcuni scarti alimentari come donazione. In molti centri commerciali esiste del personale predisposto alla gestione delle derrate alimentari "non adibite alla vendita" e al consumo. L'ASL, in Italia, impone severi controlli per quello che riguarda la gestione degli alimenti scaduti e degli scarti di lavorazione.
    Esistono ristoranti e aziende ristoratrici che forniscono un servizio di sostegno, predisponendo avanzi e scarti di lavorazione alle comunità e alle associazioni che si occupano della distruzione e della lavorazione di questi prodotti, come le mense della Caritas. In caso di difficoltà si può chiedere informazioni a un ristorante o a un'attività commerciale del settore alimentare, nella speranza di essere indirizzati in un posto adibito tra quelli menzionati.

    La Pulizia:
    L'igiene personale è un fattore che viene quasi completamente a mancare, in queste condizioni sociali. Oggi giorno, i bagni pubblici scarseggiano, ma sono l'unica fonte di pulizia per un senzatetto. Possedere una piccola scorta d'acqua, o avere l'accesso a una fontanella, possono risultare delle valide alternative all'igiene quotidiana. Importanti beni di consumo possono essere le salviette igienizzanti, i fazzoletti di carta, il sapone liquido e piccoli pezzi di stoffa che possano essere facilmente risciacquati una volta usati sul proprio corpo (asciugamani, strofinacci, etc...). Oltre a queste soluzioni, alcuni centri d'assistenza offrono anche servizi come docce e bagni accessibili a tutti i disagiati; fornendo loro anche i mezzi per la pulizia personale come: sapone, shampoo, spugne e quant'altro sia necessario alla cura della persona.
    Il problema principale risulta il lavaggio dei capi d'abbigliamento, specialmente nei periodi invernali. Per fortuna, anche in Italia, sta aumentando la presenza di Punti per il Lavaggio automatico del Vestiario (Lavanderie automatiche a gettoni o Wash point self service).

    L'Elemosina:
    Molti Clochard si auto-sostengono attraverso l'elemosina, un gesto che è considerato fastidioso ed è disprezzato da molte persone, specialmente quelle appartenenti ai ceti sociali più benestanti. La vicinanza di un cane o di un altro animale domestico è, solitamente, indispensabile per il senzatetto. Avere una figura amica che incuta tenerezza nel prossimo, invogli le persone a elargire l'elemosina o comunque a fornire sostegno al disagiato, può essere un valido aiuto nel caso il senzatetto abbia intenzione di mendicare.
    Altri metodi possono essere quelli di mettere in mostra le proprie capacità, come suonare strumenti musicali, cantare o mettere in pratica abilità fisiche particolari e fare piccoli lavoretti (lavaggio dei vetri delle automobili, assistenza al parcheggio, aiutare gli anziani, etc). Esistono due metodi per medicare: quello aggressivo e quello passivo. Il primo (e anche più comune) consiste nel forzare l'elemosina da parte della persona con cui si interagisce, mentre nel secondo caso ci si comporta passivamente, spesso rimanendo semplicemente seduti nel proprio giaciglio, e aspettando di ricevere l'aiuto economico da un passante. Le differenze sostanziali tra di due metodi saranno legate al profitto; l'elemosina aggressiva rende sempre di più, ma può anche avere conseguenze negative che variano da un banale insulto alle, più gravi, percosse.

    La Solidarietà:
    Anche se tra i senzatetto, a causa delle condizioni ambientali, vi è un'interazione sociale abbastanza solidale e spesso sono disposti ad aiutarsi l'un l'altro, non sono rari i casi di furti, razzie e aggressioni. Risulta, quindi, importante, specialmente di notte, l'essere accorti verso il prossimo e/o avere il sostegno di una persona fidata. Difficilmente i Clochard dormono da soli o riposano in luoghi troppo isolati. La possibilità di essere bersaglio di vandali o di discriminazioni sociali è estremamente più facile quando si è in netta minoranza. Si sconsiglia un atteggiamento solitario o tendente all'isolamento, soprattutto quando si frequentano luoghi pubblici o si trova riparo in luoghi accessibili a tutti, come parchi, stazioni e piazze.


    Per concludere, il pericolo maggiore per un senzatetto è rappresentato dalle malattie. Dal momento che si vive per strada, a stretto contatto con spazzatura e fattori climatici estremi, è facile contrarre alcune forme influenzali o di malessere, anche gravi. La polmonite è una tra le malattie più diffuse e comuni nei gruppi di Clochards. Purtroppo, non esiste rimedio a questo problema, se non essere direttamente assistiti e curati dai responsabili del settore medico.

    Contrariamente a quanto si pensi, chi è un senzatetto, solitamente, è felice della propria condizione sociale, perché è stata una sua scelta di vita. Molte di queste persone hanno lavori saltuari e si aiutano reciprocamente, sostenendosi l'un l'altro e fornendo anche piccoli servizi alla comunità. Per tutti quelli che, invece, si sono ritrovati forzatamente in questa condizione sociale, bisogna tenere conto che non devono essere considerate persone destinate alla marginalità; sono isolati i casi di soggetti con dipendenze da alcolici o di individui affetti da gravi patologie psichiche. Per la maggior parte si tratta di persone in grado di reintegrarsi perfettamente nel tessuto sociale; soggetti che hanno solo bisogno di trovare un lavoro redditizio e, grazie a questo, una fissa dimora.


    Aze aze.
     
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    Interessante, prenderò in considerazione questo stile di vita o_o
     
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  3. Martin8
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    NO PREFERISCO UNA COMODA CASA, RISCALDATA D'INVERNO E RAFFREDDATA D'ESTATE. SOTTO I PONTI CREDO SPIRI UN VENTICELLO ANTIPATICO E FORSE ANCHE NOCIVO. EVVIVA LE PERSONE STANZIALI.
     
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    A parte che scrivere tutto maiuscolo è considerato urlare, quindi è maleducazione. Non credo che uno "scelga" la vita da senzatetto perché stanco di vivere in casa. Si tratta di una scelta di vita condizionata ed estrema. La tua affermazione la definirei una discriminazione bella e buona.
    Quando avrai una casa tutta tua, pagherai l'affitto o comunque dovrai mantenerti un tetto sopra la testa... ne riparliamo.

    Aze aze.
     
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  5. |Biondo
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    Per fortuna è una guida inutile per tutta l'utenza. Ci vorrebbe una guida piuttosto per risolvere i problemi dovuti al fenomeno hikokomori, visto che è un problema che ai giorni nostri non colpisce soltanto il giappone. Tornando al topic, se prendiamo in considerazione il maggior numero dei casi, questa affermazione qua
    CITAZIONE
    Contrariamente a quanto si pensi, chi è un senzatetto, solitamente, è felice della propria condizione sociale, perché è stata una sua scelta di vita.

    mi pare inverosimile. Di solito un senzatetto vive come tale perché non ha avuto altra scelta, dubito assai che possa essere felice.
     
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    Ho solo riportato dati ripresi da altri siti, non mi sono messo a intervistare i senzatetto di tutta Italia per verificare se erano felici della loro situazione. Penso che la frase in questione (riadattata da un articolo di Focus) si riferisse al fatto che molti senzatetto sono coscienti delle loro condizioni e le accettano.
    La mancanza di una dimora non è una malattia mortale, ma solo uno stato sociale di disagio personale, a cui si può, con il tempo, porre rimedio.

    Molti clochard hanno scelto questo stile di vita, quindi penso che ne siano anche soddisfatti. A parte chi è stato strozzato da banche, imposte statati o eventuali debiti privati, tutti gli altri hanno deciso di abbandonare la propria vita per fuggire da una realtà scomoda e soffocante. Quindi meglio senzatetto che con l'acqua alla gola.
    Per un certo periodo della mia vita ho dormito in auto e vissuto da senzatetto automunito. La mia casa era l'automobile e la mia doccia era a casa di amici e di qualche conoscente. Non ero triste del mio disagio, ero solo incazzato con il mondo, ma né meno felice né più felice di come sono adesso.

    È naturale che non tutti facciano i salti di gioia nel vivere in quelle condizioni, la paura di ammalarsi c'è sempre; ma non per questo motivo significa che avere un tetto sopra la testa sia indice di felicità.

    Riguardo gli Hikikomori, sono stato uno di loro quando avevo 20-25 anni. Non è un problema sociale, ma un disagio mentale. Dopo che sono andato a vivere da solo e ho compreso l'importanza di gestire la mia vita, sono cambiato. I barboni sono un disagio anche per le comunità (per questo sociale), l'hikikomori è un disagio solo per se stesso. Poi si tratta di una guida di sopravvivenza, non di certo una critica alla società o ai senzatetto. Non credo che una guida alla sopravvivenza per Hikikomori, sia fattibile... sopravvivono benissimo da soli (sommersi dalla spazzatura e dagli avanzi di cibo, ma sopravvivono); e molto probabilmente sono anche più depressi e infelici di un barbone.

    Aze aze.
     
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5 replies since 13/6/2015, 14:25   878 views
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