La prima cellula artificiale

Immaginate di dover creare dal nulla una cellula artificiale contenente organelli capaci di riprodurre i vari stadi di una reazione chimica.
Non è decisamente uno dei compiti più facili che si possa ricevere nel corso della propria vita... Eppure è proprio ciò che è riuscito a creare un gruppo di chimici guidato da Jan Van Hest, dell’Istituto per le Molecole e i Materiali (IMM) della Radboud University di Nimega (Paesi Bassi).

I mini-reattori del nostro organismo
Le cellule potrebbero essere definite come i "reattori biochimici" del nostro organismo, e non a sproposito, ve lo garantisco.
In una cellula si verificano una vasta gamma di complesse reazioni simultaneamente, nella stessa modesta area (il diametro di una cellula è di circa 0,01 mm) e, pur avendo luogo in diversi scomparti, avvengono tutte in maniera sorprendentemente efficiente.
È incredibile come la più piccola parte di un organismo vivente rivesta un ruolo tanto complesso quanto importante, e lo svolga così efficacemente...
Questa caratteristica ha sempre affascinato i chimici ed è il motivo per cui quest'ultimi cercano di riprodurre in laboratorio la sua efficienza, anche per altre reazioni.
Inutile specificare che la creazione artificiale di un tale funzionamento permetterebbe di avvicinarsi ulteriormente all'intricato e delicato argomento dell'origine della vita, nonché del passaggio da un mondo essenzialmente basato sulla chimica ad uno vivente e quindi biologico.

Procedimento
Il primo passo è stato creare gli organelli (o "organuli cellulari") che sono la chiave delle reazioni, nonché ovviamente la base per la sopravvivenza della stessa cellula. Per ottenerli è stato sufficiente riempire delle piccole sfere con sostanze chimiche sintetiche, inserendole quindi all'interno di una goccia d'acqua che simulava il "raccoglitore" delle strutture della cellula: il citoplasma.
A questo punto è bastato trovare il surrogato della "membrana citoplasmatica", il rivestimento che avvolge la cellula, ovvero uno strato di polimeri che riveste la goccia e costituisce una vera e propria parete cellulare artificiale.



Non restava che verificare l'effettivo svolgimento delle reazioni all'interno della cellula ormai completa, ed è proprio qui che i ricercatori riescono a sorprendere, con un'idea davvero intelligente: utilizzando la fluorescenza sono riusciti ad osservare la moltitudine di reazioni previste, riuscendo quindi a dimostrare come gli agenti chimici, dopo le reazioni all'interno degli organelli, possano entrare nel plasma cellulare per poi essere elaborati in altri punti della cellula.

Nel settore della ricerca chimica la creazione di strutture simil-cellulari è sicuramente uno degli argomenti più in vista del momento. Sono numerose le sperimentazioni volte all'ottenimento di questo risultato, come del resto sono numerose le persone che si stanno cimentando in questa notevolmente ardua impresa. Tra queste spicca sicuramente il professore e chimico Wilhelm Huck, che punta a creare cellule a partire da piccole gocce di soluzione molto simili al fluido citoplasmatico (a differenza del team di Van Hest, che le ha create usando dei polimeri). Altri gruppi ancora, esterni questa volta alla Radboud, preferiscono invece utilizzare procedimenti più affini alla biologia, come per esempio ottenere cellule partendo da acidi grassi.

Comunque Van Hest e il suo gruppo di chimici non intendono certo fermarsi, anzi.
Rivolgono adesso la loro attenzione sulla produzione di cellule capaci di auto-alimentarsi (e quindi in grado di produrre energia autonomamente), cercando inoltre di sperimentare tecniche che permettano di controllare il movimento dei prodotti chimici all'interno della cellula, attraverso gli organuli.
Dopotutto ogni passo avanti non può far altro che migliorare la nostra comprensione delle cellule viventi, sperando magari che in futuro ciò possa portare benefici anche nell'ambito della somministrazione localizzata di farmaci o di enzimi direttamente all'interno del corpo umano.

L'esperimento in questione è diventato famoso anche grazie alla rivista "Angewandte Chemie" che lo ha pubblicato sul primo numero del 2014, ed ha colpito anche "Nature Chemistry" che ha riportato un articolo a riguardo. La rinomanza di questi due giornali fa ben capire l'importanza di questa scoperta.