L'angolo dell'ascolto impegnato.

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    Mi trovo d'accordo, la cosa interessante è che comunque La Macarena su Roma non è che non abbia ricevuto premi, vinse il premio Tenco 2011 ma è comunque semi-sconosciuto.
    Per quanto sia una cosa tipica, specialmente in italia (sebbene fosse l'era d'oro della musica di un certo tipo, lo stesso progressive italiano, autori strafamosi a parte, non è mai esploso), mi rammarica sempre notare certe cose.
    Secondo me non v'è proprio la voglia di cercare qualcosa di meglio, dando l'illustre opinione che "un tempo era meglio" senza entrare nel merito della questione.
    Alla fine, e si sta scomprendo anche politicamente in questo periodo, la critica sterile è un'arma abbastanza sicura.

    Mi hai fatto venire voglia di postare altra roba "moderna" italiana.
    Sono quasi andato al loro live in questo caso.

    L'intera opera è un misto di ironia, sarcasmo e deliri vari, il tutto farcito da atmosfofere fuori di testa, musica elettronica, strumentale, accelerata, distorta.

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    Citando un commento sotto questo video
    "quest album è la cosa più bella mai inventata dopo le tette!"

    Se si sa apprezzare lo stile, tutta la discografia di Musica per Bambini è da ascoltare, in aggiunta all'album "Storie per un Re", prodotto dal "leader" del gruppo.
     
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    Mi sono piaciute molto, la seconda in particolare.
    Oramai conta vincere solo i talent show o Sanremo.
    Altrimenti ti fai raccomandare *coff coff* My Dreams *coff coff*.
     
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    Is there anybody out there?
    Pink si accorge di essere rimasto solo a combattere contro il muro psicologico che lo opprime.
    Aldilà del muro non v'è più nessuno, emerge così la follia della Rock Star.

    Video

    Piccola curiosità: la scena in cui Pink si taglia le sopracciglia è un riferimento ad un fatto avvenuto realmente a Syd Barret. Waters raccontò che in un momento di follia Syd si dileguò da una festa e una volta tornato aveva le sopracciglia nelle condizioni rappresentate nel film.
    Viene utilizzato un po' come ssimbolo dello squilibrio in cui ormai naviga il protagonista nell'opera in questo punto dell'album
     
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    White III

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    Vabbè, i Pink Floyd meritano elogi sempre e comunque, The Wall grandissima opera, preferisco ritenere l'album una canzone, un lungo medley che lo rende un unico brano, il brano di Pink, la vita di Pink, quella di Waters.
     
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    La seguente è una canzone che potrebbe fare storcere i nasi ad alcuni ma per alcune ragioni personali è una delle canzoni che sento più vicine e che più mi deprimono (scherzo, non so che sia la tristezza).
    Claudio Lolli è un cantautore con molti alti e bassi, passa da canzoni MEH a veri e propri capolavori.
    Questa è la canzone che la sua canzone che più mi piace.
    A mio parere ritrae in maniera pressapoco impeccabile le sensazioni, le emozioni, le paure e i dubbi di chi vive l'età "a metà strada", i venti anni.
    Lolli paragonava l'indeterminazione e l'ingenuità dei vent'anni ad una sorta di stato esistenziale e mentale, una sorta di metafora della vita, ma leggendola anche solo nel suo significato più spiccio, almeno testualmente, ritengo che la canzone rimanga perfetta.

    Video

    Testo
    Vent'anni tra milioni di persone, che intorno a te inventano l'inferno. Ti scopri a cantare una canzone, cercare nel tuo caos un punto fermo.
    Vent'anni nè poeta nè studente, povero di realtà ricco di sogni, vent'anni e non sapere fare niente, nè per i tuoi nè per gli altrui bisogni, vent'anni e credi d'essere impotente.
    Vent'anni e solitudine sorella, ti schiude nel suo chiostro silenzioso, il buio religioso di una cella, la malattia senile del riposo.
    Vent'anni e solitudine nemica, ti vive addosso con il tuo maglione, ti schiaccia come un piede una formica, ti inghiotte come il cielo un aquilone, vent'anni e uscirne fuori è fatica.
    Vent'anni e stanza ormai piena di fumo, di sonno di peccati e di virtù, lasciandoti alle spalle un altro uomo, dovresti finalmente uscire tu.
    Vent'anni e il vecchio mondo ti coinvolge, nel suo infinito gioco di pazienza, se smusserai il tuo angolo che sporge, sarai incastrato senza resistenza, vent'anni prima prova di esperienza.
    Vent'anni e ritagliare i confini, di un amore che rinnova l'esistenza, e ritrovarsi ai margini del nuovo, scontento della tua stessa partenza.
    Vent'anni e una coscienza rattrappita, che vuole venir fuori e srotolarsi, come tendere un filo tra due dita, vedere quanto è lungo e misurarsi, vent'anni fare i conti con la vita.
    Vent'anni e già vorresti averne trenta, esserti costruito già un passato, vent'anni e l'avvenire ti spaventa, come un processo in cui sei l'imputato
    Vent'anni strano punto a mezza strada, il senso dei tuoi giorni si nasconde, oltre quella collina mai scalata, di là dal mare e dietro le sue onde, vent'anni rabbia sete e acqua salata.
     
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    CITAZIONE (The Crimson King @ 4/6/2017, 19:13) 
    Posto quest'album, che io ritengo essere un'opera di immenso valore musicale.

    Video

    Ci sarebbe moltissimo da parlare per descrivere l'immensa magnificenza di questo capolavoro. Tuttavia, non voglio dilungarmi in sproloqui eccessivi.
    Innanzitutto, posso tranquillamente affermare, che Starsailor è il momento massimo dell'evoluzione musicale in forma titanica di Tim Buckley.
    Quest'opera è il punto d'arrivo della sua fusione tra il Folk Jazz, la sperimentalità ed emozionalità, un processo creativo che iniziò con le atmosfere oniriche di Happy Sad. Maturò con il sublime e immortale Lorca (il suo momento massimo) e culminò con questo capolavoro, Starsailor.
    Questa potrebbe essere considerata una trilogia titanica di Folk Jazz vivido ed estremamente personale, il massimo picco del suo genio creativo musicale.
    Tim Buckley qui è monumentale, inarrivabile, alieno e unico. Nessuno riuscirà a ripetere ciò che ha fatto lui in quest'opera.
    Basti ascoltare l'inizio con la colossale "Come Here Woman". Un tripudio di emozioni titaniche che sfociano in un Folk Jazz sperimentale, seguendo il processo creativo di Lorca.
    Le sublimi "Jungle Fire" e "Starsailor", che trasportano l'ascoltatore in melodie alieni, lontane dal mondo comune.
    L'eterna e commovente "Song to the Siren", in cui il navigatore delle stelle (Tim Buckley) canta un'ode ad una sirena lontana. Un amore ultraterreno e platonico, concretizzato in musica.
    Non basterebbe un libro intero per descrivere questa immensa opera musicale. Questa è musica per pochissimi, di nicchia.
    Tim Buckley può essere considerato il più grande cantante e cantautore della storia. Ciò che ha fatto lui, non verrà mai eguagliato da nessuno.

    Eccomi a commentare come richiesto dalla persona in questione l'album di questo artista rock statutunitense: Tom Buckley. Parto subito con la premessa che i miei giudizi sono soggettivi e come tali devono rimanere, come le sensazioni e i tecnicismi da me proposti, grazie.

    1) Come Here Woman - Dal punto di vista melodico questa la posso definire come una canzone disordinata dove la struttura ritmica sembra irregolare dove il cantante si diletta in una scala di note basse iniziali lineari e precise, incollate a quella melodia che man mano che va avanti diventa sembra più scomposta ed irregolare, non seguendo più uno schema preciso, anzi, tutt'altro, si perde in una voce incontrollata che non si perde in una tecnica vocale eccelsa, ma bensì un urlo emotivo in un cantato che a volte sembra distaccato con l'atmosfera che viene ricreata nella seconda parte della strumentalizzazione della canzone. Un vibrato potente e ben marcato ed un utilizzo costante di un cambio di registro e di intonazioni. È una canzone molto particolare, ma che apre l'album volendo dimostrare di aver voluto proporre qualcosa di nuovo dai suoi precedenti lavori.

    2) I Woke Up - La canzone di primo acchito mi riporta sempre allo stile scomposto che viene mostrato da Buckley anche nella precedente traccia, però, nella scelta stilistica e nell'approccio - per quanto riguarda l'interpretazione - tutto sembra essere più malinconico, una malinconia che ha un retrogusto di dolcezza. Alcuni elementi nella scelta compositiva fa sembrare il brano "molto datato" rispetto al tempo in cui è stato pubblicato (1970), ricorda vagamente una sonorità di quarta tdieci anni prima, durante gli anni 60 o fine anni 50.

    3) Monterey - Un urlo, sembra una liberazione: "finalmente mi hanno insegnato a ridere", "con un urlo in gola", "corro con i dannati, mia cara". Il significato e il senso della canzone potrebbero essere efficaci, ma purtroppo, da persona che ha un udito e ha una predisposizione verso suoni più morbidi trovo questa canzone molto fastidiosa, con quel vibrato che inizia a diventare un belato incontrollato alternato a degli strilli in similfalsetto. Versi troppo esagerati, ma si sa, l'arte degli anni settanta era qualcosa di molto diverso da quella odierna, l'esigenza di dire qualcosa è più evidente.

    4) Moulin Rouge - La quarta traccia porta l'ascoltatore ad una vocalità più precisa. C'è un'impostazione linguistica tendente per quasi il 90% del testo in francese, con alcuni accenni in inglese. Delicata e piacevole, al centro della canzone vi è una frase che secondo me rappresenta in pieno il cuore della canzone: "L'amore è un salto" sospirò "Un giorno sarò tua sposa, quando lascio il Moulin Rouge". Mi piace molto il suo stile in questa canzone, molto gradevole.

    5) Song to The Siren - Mantiene come nella precedente traccia un controllo vocale maggiore rispetto alle prime tre tracce. C'è più vigore e più forza in alcune parti della canzone dove sotto vi è una voce che crea un'atmosfera assieme alla sua, come se fosse lo sfondo di un quadro. Che sia alla fine la voglia di riprendere la narrativa del canto delle sirene che annebbiano ed incantano le menti dei marinai? Può darsi.

    6) Jungle Fire - Ad aprire il LATO B dell'album Starsailor è Jungle Fire che riporta a quel senso di disordine. Vi è un pizzicare di corde continuo che danno a me, ascoltatrice, un senso di costrizione, una certa ansia come se fossi investita inizialmente da quella che sembra la preparazione ad un'ondata di adrenalina, una scarica che viene rappresentata nella seconda parte della canzone e dove non manca il verseggiare e il cambio di registri - da una voce stridula a tonalità più scure e basse, forse in quest'ultimo caso è più gradevole. Un vibrato che rasenta uno "yodel" scatenato ed impreciso, nella mia ignoranza di ascoltatrice trovo alcuni pezzi troppo disturbanti, faccio fatica ad arrivare fino alla fine. Forse c'è un'emotività dietro a ciò che non riesco proprio a cogliere o a capire, estremizzata.

    7) Starsailor - "Title track" dell'album, un susseguirsi di voce che si sovrappongono e che si suddivide con fare intenzionale con alcune porzioni di voce polifoniche sul canale dentro e altre sul sinistro, creando un connubio e uno spostarsi del suono molto interessante. Cori che si aggiungono che creano come un accompagnamento, una strumentalizzazione vera e propria che diventa sempre più mistica e ti avvolge in un mondo proprio. È una traccia molto interessante, forte nella sua espressività e non posso biasimare se sia diventata la traccia di ispirazione per l'intero album.

    8) The Healing Festival - E dopo il connubio di voci polifoniche e un mischiarsi di atmosfere vi è un momento di spensieratezza: come se dopo l'oscuro tunnel di Starsailor fosse giunta la luce, cioè questa traccia. The Healing Festival che riempie il cuore con la sua tromba, elemento costante di accompagnamento ed una ripetizione di un ritmo a rotazione e un invogliare del cantare ad andare: "COME ON, COME ON, COME ON" che viene ripetuto con insistenza verso la metà della canzone. Alla fine di tutto l'ascolto, mi è sembrato di capire che Buckley volesse ricreare non tanto il tipico canto melodico, ma una forma di espressione esaltata spesso e volentieri da una chiamata d'aiuto o da un'esasperazione.


    -- Ho ascoltato questo album, non fa parte del mio stile. Lo ammetto, però mi ci sono messa d'impegno e man mano che ho ascoltato bene le tracce ho dato il mio giudizio che ribadisco essere soggettivo. Non è un cantante che mi fa impazzire ma che per i tempi che correvano negli anni 70 e in un contesto come quello degli Stati Uniti, tutto può essere. Poteva cantare la protesta, poteva cantare la sua emotività, ma in certi casi l'ho trovato davvero troppo per me; io ricerco spesso la delicatezza e la semplicità, mi piace sentirmi in una nuvola di cotone e sentirmi accarezzare dalla musica. L'aggressività di alcune tracce può starci, ma ammetto che la delicatezza e i suoni ricercati mi hanno portata a dare a questo album un 7 su 10. Forse troppo poco? Non lo so, ma ovviamente è pur sempre una mia opinione.
     
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20 replies since 12/6/2014, 14:05   342 views
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