Prima notte a Ivalice

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    L'Octavis era giunta nelle terre di Ivalice da poco e avevano attraccato al porto. Una qualsiasi altra nave pirata, non poteva stare così in vista se non con il timore di ricevere visite sgradite da autorità che si autodefinivano “competenti” o -termine che lo faceva ridere ancora di più- “legali”. Forze dell'ordine che, a detta loro, dovevano salvaguardare i civili. La nave del re dei pirati però sostava ovunque volesse, Ka'Shim avrebbe voluto vedere se ci fosse stato qualcuno così folle da sfidare il capitano, o chiunque su quella nave in effetti. Probabilmente anche il mozzo aveva una certa fama.
    Il vampiro se ne stava sulla coffa della nave, da lì poteva vedere quello che combinavano i vari membri della ciurma, e si godeva lo spettacolo del mare sconfinato, che profumava di nuove avventure, nuovi luoghi inesplorati. Il richiamo era diventato forte anche per lui alla fine, lui che non era nato per essere un pirata, ma ormai era passato tanto tempo, che non riusciva davvero ad immaginarsi in nessun altro posto che non fosse quello.
    Alzò lo sguardo verso il sole. Era rosso, stava tramontando. Le pupille divennero due fessure nere, quasi invisibili nell'avere la luce così diretta. Le iridi si fecero quasi completamente color oro fuso, ben presto però, sarebbero mutati in un color cremisi. Non aveva ancora davvero sete, ma l'idea di un bel collo dalla pelle pallida lo stuzzicava, solleticando più di un appetito.
    Nonostante fosse un vampiro, il sole non lo indeboliva, non lo infastidiva come per i suoi simili, un'immunità che nel corso degli anni si era affinata, rendendolo simile agli umani per questo verso, eppure, la sua pelle restava fredda come la pietra. Questo strano potere che aveva sempre posseduto, gli aveva reso più facile la vita da pirata, e anche se la notte restava comunque il momento della giornata che preferiva, gli aveva permesso di non cambiare troppo le sue abitudini.
    Scivolò sulla scala di corde, ma scese ben pochi gradini col metodo tradizionale. Fece un balzo aggraziato, calcolato al millimetro, e ricadde elegantemente, poggiando il peso sul ginocchio sinistro e la punta del piede destro, in una posizione china. I polpastrelli delle dita toccarono il pavimento di legno. Si mise in piedi e si guardò attorno, tutti svolgevano le normali mansioni giornaliere; per quanto gli riguardava aveva controllato che tutto fosse dove doveva essere, e aveva permesso a qualcuno di scendere a terra, come gli aveva ordinato il capitano.
    Fece scrocchiare il collo, spostando la testa prima a destra e poi a sinistra. I capelli scivolarono leggeri, poi si posarono in parte sulle spalle e sulla schiena. Si sistemò il gilet bianco, privo di bottoni, che lasciava intravedere il petto e l'addome scolpiti, con un gesto automatico, non pensato.
    Avrebbe passato la notte a terra, era il suo turno di divertirsi, visto che non c'erano ordini particolari.

    Nella stanza c'era odore d'incenso, forte e leggero allo stesso tempo, gli ricordava la sua vita passata, che di tanto in tanto lo tormentava, nonostante fossero passati più di due secoli da quando era stato mortale. C'era sempre un momento nel corso della giornata, che gli rimembrava la sua vita precedente. Un tormento, soprattutto quando s'era nutrito da poco.
    Gli occhi da gatto del vampiro seguivano vuoti i movimenti dell'umana davanti a lui, mentre ballava a ritmo di una musica che non c'era. La sentiva lui, nei suoi ricordi, e lei attraverso la malia che stava esercitando sulle sua flebile forza di volontà.
    A Ivalice erano tutti più o meno consapevoli delle razze che popolavano la Terra, per cui non era stato facile entrare in contatto con lei, ma per quanto avesse provato ad allontanarsi da lui, non aveva potuto niente. Stupida ragazzina, cosa credeva? Come poteva essere facile seminare uno della sua specie? L'aveva sentita fare un po' di resistenza, ma poi si era lentamente lasciata assuefare dalla sensazione di pace che lui le trasmetteva. E ora erano lì in quella casa modesta, di proprietà della sua stessa vittima.
    Non era particolarmente bella, aveva la pelle candida come neve appena caduta, ma a parte questo particolare che la rendeva interessante, era assolutamente nella media. I fianchi appena sbocciati dopo l'adolescenza non erano aggraziati, e aveva il seno piccolo, non era troppo alta, i capelli erano opachi, come non li curasse abbastanza, ma si muovevano sensuali, accarezzandole la schiena. Erano stati i suoi occhi a fargliela scegliere. Non somigliava per niente alla sua dolce sorella, ma lo sguardo determinato eppure tanto innocente, era quello di lei. O almeno avevano qualcosa di quello di lei.
    Non l'avrebbe uccisa. Non prima di godersi il piacere della sua compagnia in ogni caso. Muto, le disse di avvinarsi al letto su cui era semidisteso.
    Lei obbedì con gli occhi vuoti, muovendo i passi come facevano le donne della sua terra. Quando fu accanto a lui, le prese i polsi con violenza, la mise di forza sul materasso, ma lei non disse nulla, era come un corpo privo d'anima, ne era disturbato, ma la sua espressione non lo mostrò. Quella era una delle cose che odiava della malia... era come essere soli con un burattino. Inizialmente il senso di controllo, di potere, gli aveva dato alla testa, ma col passare del tempo gli aveva fatto capire che rendeva tutto meno divertente, meno piacevole.
    L'involucro vuoto di quella persona si muoveva esattamente come avrebbe voluto che si muovesse una donna in quel momento. Per riflesso dei suoi desideri. Le mani piccole e pallide, lo privarono del gilet e gli sfiorarono il petto. Sentì le cosce della ragazza piegarsi e cingergli i fianchi, lui le annusò il collo e i lunghi capelli e lasciò la libido facesse il resto.

    L'odore d'incenso si era quasi sfumato. Il pupazzo in suo potere respirava rilassato con la testa immersa nei cuscini. Mentre l'aveva fatta sua, aveva pensato a sua sorella. E ora ci stava ripensando. Si straziava l'anima al pensiero che avrebbe potuto essere lì con lui, a posto di quella misera sostituta. L'aveva amata, sapendo che il sentimento era stato reciproco, un amore sempre platonico, perché dopotutto restava sua sorella, perché era sempre stato convinto che era stato lui a condurla verso quei sentimenti proibiti, consapevole che aveva fin troppo ascendente su quella ragazza tanto più giovane di lui.
    Quando aveva scoperto che ogni vampiro era capace di mutare gli umani in bestie assetate di sangue, era stato orribile. La consolazione per averla uccisa, era sapere che comunque l'avrebbe vista morire, e invece, aveva scoperto che avrebbero potuto stare assieme per sempre. Avrebbero lasciato la loro terra natale, l'avrebbe presa come moglie, lì dove nessuno li conosceva, e avrebbe avuto la serenità che tanto bramava. Invece, l'aveva uccisa. Non c'era giorno in cui non fosse arrabbiato con se stesso.
    Gli occhi giunsero a quelli che gli avevano ricordato Sarabi. No... la sua meravigliosa sorellina, avrebbe fatto impallidire d'invidia quello sguardo, per quanto attraente.
    Spostò il viso della ragazza per guardarla meglio. Le prese il polso, lo morse senza troppe cerimonie. Anche se era stata tranquilla per tutto il tempo mentre si godeva le gioie del suo corpo, per quel solo gesto, sentì la ragazza sussultare. Mentre sentiva il liquido caldo sfiorargli la gola, sorrise quasi impercettibile, quell'umana era più forte di quanto credesse dunque. Una piacevole sorpresa. Quindi aveva solo finto d'essere inerme. Quindi non le era dispiaciuto passare la notte con lui. I canini lasciarono la sua pelle, le leccò i fori che le aveva procurato. Forse doveva aspettare ad ammazzarla, forse poteva divertirsi, per il tempo che il capitano avrebbe deciso di fermare lì l'Octavius.
     
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  2. CloudStray™
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    wow, brava :*tiddd:
     
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  3. Tobiv
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    Secondo me il vampiro continuerà ad annoiarsi. Non credo che vi sia uno stimolo tanto grande da poter compensare quello che è già il sapere ed il potere che lo annoia.
     
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2 replies since 19/10/2014, 12:12   3638 views
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