Razzismo: strumento della politica?

Il razzismo oggigiorno è diventato uno strumento della politica?

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  1. Anas
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    Razzismo: strumento della politica?





    Il razzismo nella sua accezione odierna è un fenomeno molto più moderno di quello che potremmo pensare e si è sviluppato alla fine del XVIII secolo per giustificare la politica colonialistica e nazionalistica.
    È innegabile, però, che in epoche precedenti ci siano state discriminazioni nei confronti dell'altro, ma il diverso non veniva considerato inferiore per motivi biologico-razziali. I Romani e i Greci, ad esempio, ritenevano i germanici barbari perché meno avanzati culturalmente; i cattolici nel medioevo si consideravano migliori rispetto alle popolazioni orientali del mondo, non solo per motivi culturali, ma anche e soprattutto per motivi religiosi.
    La classificazione dell'uomo in razze secondo una scala gerarchica non fa altro che accentuare la divisione fra “popoli migliori” e “popoli peggiori”, rendendo più semplice e in un certo senso più accettabile moralmente la conseguente discriminazione.
    Oggigiorno l'antropologia ha abbandonato questo concetto in relazione a una schedatura di tipo scientifico, ma da tempo il razzismo ha preso le sembianze della paura verso chiunque sia diverso in qualunque modo, si parla, quindi, di xenofobia. In questo modo si ha un regresso verso l'istinto ineluttabile dell'uomo per cui ogni individuo si ritiene superiore ad un altro.

    Analizzando la questione da un punto di vista pragmatico, il fenomeno è cresciuto poiché l'immigrazione è in continuo aumento. Le popolazioni autoctone, perciò, si sentono minacciate perché vedono la propria cultura minata da quella che sempre più viene definita “invasione”. A questo punto entrano in campo le forze politiche che, per racimolare qualche voto, inneggiano ad estremismi che portano a buonismi ipocriti o a violenti attacchi e spinte verso un'eccessiva chiusura. In entrambi i casi lo straniero non viene seguito, non viene integrato in quella che dovrebbe essere una società multietnica, ma che sembra avvicinarsi con velocità impressionanti a un insieme di gruppi divisi da membrane invalicabili. Un esempio calzante può essere quello del recente attacco terroristico al celebre giornale satirico Charlie Hebdo, a cui sono conseguite due risposte diametralmente opposte, ma che da un punto di vista pratico sono molto simili. Da una parte troviamo gli istigatori delle masse che con una generalizzazione a dir poco esagerata hanno portato tutti i musulmani allo stesso livello degli assassini, dall'altra i pacificatori che hanno tolto importanza al problema ritenendolo un caso a parte poco degno di preoccupazione. Demagogia, pura demagogia. Anche di fronte a una strage del genere la classe politica non ha evitato di applicare il principio “razziale” con le sue due intensità estreme, invece che cercare una soluzione comune.

    E qui arriva il punto cruciale, il nocciolo di questo saggio: la politica moderna è caratterizzata dall'attribuzione all'extracomunitario di libertà in alcuni casi smisurate, negli altri, eccessivamente scarse. In ambedue le situazioni, però, l'immigrato viene abbandonato, lasciato in balia del caos e molte volte cade nelle mani della criminalità organizzata diventando prima di tutto vittima, e in secondo luogo strumento e mezzo di azioni illegali. Perché se in un caso l'alienus, sfruttando un latinismo, sentendosi autorizzato a fare tutto ciò che vuole, non ritiene necessario integrarsi e molte volte cade nell'esagerazione e inizia a sfruttare suoi compaesani per attività illecite che danneggiano anche i nativi del territorio, se così si possono definire, nell'altro non viene tutelato e diventa estremamente sensibile alle spinte di associazioni a delinquere. In riferimento a ciò Roberto Saviano in uno dei suoi articoli fa notare, però, che molte volte è proprio lo straniero e non l'Italiano a protestare contro le mafie e, citandolo,“vede nei migranti nuove speranze e nuove forze per cambiare ciò che qui non siamo riusciti a mutare”.

    Si parlava prima di xenofobia, paura che se osservata attentamente, come tutte le fobie deriva dall'uomo e dalla sua natura. Come evitare, quindi, che il terrore prevalga sulla ragione e fare in modo che il razzismo non intervenga nelle decisioni politiche? Taher Ben Jelloun in un articolo su L'Espresso, scrive “all'origine del razzismo ci sono l'ignoranza e la paura. Questi due aspetti devono essere quindi affrontati con l'istruzione e la scienza”. Una soluzione è, perciò, l'informazione, ma non basta. Bisogna anche che la politica prenda la via della moderazione e che si evitino estremismi puramente deleteri. Lo straniero deve sì avere le proprie libertà, ma deve anche essere controllato e inserito nella società affinché la conosca e si integri, e la società deve fare in modo che lo stesso si adatti cercando di conoscere la sua cultura. In questo modo si raggiunge lo scopo primario dell'immigrazione, e, più generalmente, del viaggiare, cioè l'arricchimento reciproco. Concludendo, il razzismo è una reazione naturale dell'essere umano di fronte al diverso, ma come tale, essendo un istinto, non può e non deve diventare strumento della demagogia e della politica, e deve, quindi, essere escluso affinché la comunità cittadina prenda la via dell'equilibrio, perché, come diceva Molière, “la perfetta ragione rifugge gli estremi e vuole che uno sia saggio con sobrietà”.

    Questo è il mio pensiero a riguardo, voi, invece, cosa ne pensate? Anche secondo voi il razzismo è diventato uno strumento della politica? E se no, da cosa deriva questo comportamento di tipo discriminatorio? A voi la parola!


    Saggio breve di Anas

     
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15 replies since 15/1/2015, 16:04   435 views
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