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Il Canto degli Italiani
Chi di noi non ha mai cantato il nostro inno, principalmente in qualche gara sportiva? Credo sia impossibile trovare una persona che non l'abbia mai cantato, ma è facilissimo trovarne almeno uno che non sappia il significato di quelle parole che sta cantando.
Esatto, quell'elmo di un certo Scipio, quella chioma che qualcuno deve porgere, quell'invito a stringerci in una coorte.. Ma cosa vogliono dire?
Il Canto degli Italiani, o anche noto come "Inno di Mameli" o "Fratelli d'Italia", è stato scritto da Goffredo Mameli, un giovane studente genovese molto patriota, e composto da Michele Novaro, anch'egli genovese, nel 1847. Il canto perciò nacque in epoca risorgimentale, in cui spiccava il patriottismo, che preannunciava la prima guerra d'indipendenza contro l'Austria.
L'inno è composto da sei strofe (inizialmente da cinque) e da un ritornello cantato alla fine di ogni strofa.
Il testo richiama fortemente la storia dell'antica Roma, visto che la preparazione culturale di Mameli fu molto classicista, infatti lo possiamo notare già dalla prima strofa:
Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Con "Fratelli d'Italia", nel primo verso, si vuol intendere che tutti gli italiani fanno parte di un unico popolo e che quindi sono fratelli. Questa espressione fu usata moltissimo per incitare gli italiani a combattere per il proprio paese.
Nei restanti versi l'inno dice che l'Italia si è svegliata ("s'è desta") e che ha indossato l'elmo di Scipio. Qui con "Scipio" s'intende Publio Cornelio Scipione, politico e militare romano, che sconfisse il generale cartaginese Annibale nella battaglia di Zama (202 a.C.), concludendo così la seconda guerra punica e liberando l'italia dall'esercito Cartaginese. Quindi qui Mameli vede l'Italia come una persona che, appena sveglia, si cinge figuratiamente la testa con l'elmo di Scipione, cioè significa che l'Italia possa liberarsi dall'assedio nemico come Scipione fece contro i Cartaginesi.
Poi ci si chiede dove sia la Dea Vittoria, che per lungo tempo fu dalla parte dei Romani durante le loro conquiste. Infatti l'antica Roma, per mezzo delle sue conquiste, rese schiava la Dea Vittoria ("Chè schiava di Roma"), e adesso la Dea deve porgere la sua chioma perchè venga tagliata, così che possa ritornare ad essere schiava di questa nuova Italia. Mameli era certo che la vittoria sarebbe stata degli italiani per un disegno divino, perchè così Dio vuole ("Iddio la creò").
Nel secondo verso c'è un richiamo all'antichità perchè un tempo le schiave portavano i capelli corti, invece le donne romane libere li portavano lunghi.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Nel ritornello si esorta il popolo italiano a stringersi in una coorte (la decima parte di una legione romana, composta da 600 uomini), a combattere uniti e ad essere pronti alla morte per contrastare l'esercito austriaco.
Il "Sì!" che pronunciamo alla fine di questo ritornello, in realtà va cantato alla fine dell'ultimo ritornello, perchè fu aggiunto da Novaro alludendo alla risposta del popolo italiano all'esortazione di combattere fino alla morte.
Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
In questa seconda strofa Mameli fa presente che noi ormai da secoli siamo stati sconfitti, derisi e che non abbiamo più vinto perchè noi non siamo un popolo unito, ma bensì diviso. Infatti nel 1847 l'Italia era ancora divisa in sette Stati: Regno delle due Sicilie, Stato Pontificio, Regno di Sardegna, Granducato di Toscana, Regno Lombardo-Veneto, Ducato di Parma, Ducato di Modena.
Perciò, nella seconda parte della seconda strofa, c'è un forte desiderio di speranza ("speme") : di potersi unire tutti sotto una stessa ed unica bandiera, di fonderci insieme perchè adesso è giunta l'ora di farlo. Mameli dunque riconosce la debolezza dell'Italia nelle sue divisioni politiche.
Alla fine di questa strofa abbiamo di nuovo il ritornello.
Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Nella terza strofa c'è un richiamo all'idea mazziniana di un popolo unito e coeso che combatte per la propria libertà seguendo il desiderio di Dio. Infatti i motti della Giovine Italia erano proprio "Unione, forza e libertà" e "Dio e popolo". La strofa perciò incita all'unità ("uniamoci, amiamoci, l'Unione e l'amore") grazie alla Provvidenza ("per Dio" cioè attraverso Dio, per mezzo di Dio, quindi non è una imprecazione come potremmo pensare!). Perciò chi ci può vincere?, chi ci può sconfiggere? ("Chi vincer ci può?").
Abbiamo di nuovo il ritornello a fine strofa.
Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Nella quarta strofa ci sono molti riferimenti ad avvenimenti importanti legati alla battaglia degli italiani contro il dominio straniero, perciò Mameli vuole ricordare agli Italiani che devono vendicarsi:
-la battaglia di Legnano ("Dall’Alpi a Sicilia dovunque è Legnano") è stata combattuta il 29 maggio del 1176 nella città di Legnano, in cui vide la Lega Lombarda vittoriosa sull'esercito imperiale di Federico Barbarossa. Questa battaglia pose fine al tentativo di egemonizzazione dell'Italia Settentrionale da parte dell'imperatore tedesco. Legnano, grazie alla storica battaglia, è l'unica città, oltre a Roma, a essere citata nell'inno nazionale italiano;
- Francesco Ferrucci ("Ogn'uom di Ferruccio ha il core, ha la mano"), noto anche come Ferruccio, è stato un condottiero al servizio della Repubblica di Firenze che fu sconfitto nella battaglia di Gavinana (1530) dall'imperatore Carlo V d'Asburgo, durante l'assedio della città toscana. Ferruccio, fatto prigioniero, ferito e senza forze, venne poi giustiziato da Fabrizio Maramaldo, un soldato di ventura italiano che combatteva per l'imperatore. Prima di morire, Ferruccio rivolse a Maramaldo queste parole piene di disprezzo: "Vile, tu uccidi un uomo morto!";
-Balilla ("I bimbi d'Italia si chiaman Balilla") era il soprannome di un certo fanciullo di nome Giambattista Perasso che, il 5 dicembre 1746, lanciando una pietra ad un ufficiale, diede inizio alla rivolta popolare del quartiere genovese di Portoria contro la coalizione austro-piemontese, che portò alla liberazione della città ligure.
- I Vespri siciliani ("Il suon d'ogni squilla i Vespri suonò") è l'insurrezione dei Siciliani contro gli angioini avvenuta nel 1282. Con "il suon d'ogni squilla" si intende "il suono di ogni campana", perchè all'ora del vespro del lunedì di Pasqua del 31 marzo 1282, tutte le campane iniziarono a suonare per esortare il popolo di Palermo all’insurrezione contro i francesi.
La rivolta si concluse con la cacciata dei francesi.
Poi, alla fine della strofa, abbiamo di nuovo il ritornello.
Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
Sì!
Qui si fa riferimento all'Austria degli Asburgo (di cui l’aquila era il simbolo imperiale) che era ormai in decadenza ("Le penne ha perdute"), facendo riferimento alle loro truppe mercenarie ("Le spade vendute") di cui l'esercito imperiale ne era pieno, e Mameli definisce queste truppe deboli come giunchi ("Son giunchi che piegano") perchè un esercito che combatte per essere pagato non può essere all'altezza di un esercito formato da un popolo patriota, che combatte fino alla morte per il proprio paese. Perciò Mameli esorta ancora una volta il popolo Italiano a dare il colpo di grazia alla dominazione austriaca citando la Polonia, che tra il 1772 e il 1795 venne spartita tra l'impero Russo (detto "il cosacco"), l'Impero austriaco e il Regno di Prussia. Dunque Mameli vuole far capire che anche la Polonia è stata schiacciata dall'impero austriaco e che quindi il sangue di questi due popoli, italiano e polacco, potrebbero trasformarsi in veleno se i popoli si sollevassero contro l'oppressione austriaca.
Alla fine della strofa c'è di nuovo il ritornello.
Inizialmente l'inno doveva finire dopo questa quinta strofa, ma nelle edizioni stampate dopo il 1859 venne aggiunta una sesta strofa, che non viene mai eseguita:
Evviva l'Italia
Dal sonno s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la vittoria?
Le porga la chioma,
Chè schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte.
Siam pronti alla morte,
Siam pronti alla morte,
L'Italia chiamò.
In questa strofa si preannuncia l'unità d'Italia con gran gioia ("Evviva l'Italia dal sonno s'è desta") seguita poi dagli stessi versi della prima strofa e dal ritornello.
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cherubins98
Edited by cherubins98 - 6/1/2017, 20:52. -
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insomma, ammiccamenti esoterici a gogò dall'inizio alla fine
grazie Cherubins. -
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grazie Cherubins
E di che?. -
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Fratelli d’Italia
L’Italia ci resta,
Dei capelli di Silvio
S’è trapiantata la testa.
Dov’è la Luxuria?
Le sporga la prova,
Ché chiava dentro e fuori Roma
Iddio Kira la rinnegò.
Spalanchiamci le poorte
Siam pronti alla fuga
Siam pronti alla fuga
L’Italia nel buio brancolò.
[...] (?)
Aze aze.. -
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Ahahahah, l'inno d'Italia rivisitato, che mostra quanto stia andando in malora
Edited by cherubins98 - 25/1/2017, 18:45. -
.Fratelli d’Italia
L’Italia ci resta,
Dei capelli di Silvio
S’è trapiantata la testa.
Dov’è la Luxuria?
Le sporga la prova,
Ché chiava dentro e fuori Roma
Iddio Kira la rinnegò.
Spalanchiamci le poorte
Siam pronti alla fuga
Siam pronti alla fuga
L’Italia nel buio brancolò.
[...] (?)
Aze aze.
bellissimo.