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Anas.
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È MORTA, EPPUR VIVE
È morta, eppur vive,
respira, senza anima,
respira nel mio cuore,
combatte per uscire
la rosa già secca.
Son cieco, eppur vedente,
scudato, ma colpito,
sicuro, ma fragile,
nella flebile notte.
Sempiterna permane,
nel bosco tenebroso,
l'ombra dei fiori
d'un frutto mai nato.
Spinge, si dimena,
nel petto mio dolente,
e lo sguardo mi colpisce,
e io, sebben l'abbassi,
tremo al percuoter
del ferro il mio scudo.
Violento e feroce
è l'apatico impeto,
violento e feroce,
ma l'arma io lasciai.
Travaglia a tradimento
il già stato soldato,
travaglia ed ei sente
non molto, ma troppo.
Tremo e piango
come volto d'una madre
che figlio abbandona,
e orfana d'amore
non sa più che fare.
Sorrido, liberato,
come schiavo
or'affrancato
che vita, già perduta,
ignora com'avanzare.
Io ora in ginocchio,
io ora in piedi,
vittorioso sconfitto,
nuoto con ogni forza,
navigo controvento,
benché da dardi minato,
cercando un lago d'acqua
sì calma e pacifica,
onde calmar il caos,
ch'è signore funesto
del mio pensare.
E penso, e io penso,
e quiete ancor stabile
io, ahimè, non trovo.
E rimango, ancor rimango,
in balia d'una tempesta,
che un giorno dovrà perire.
E spero, già, spero,
che luce non m'abbandoni,
che buio me non divori.
Sul labile confine
fra giorno e notte
si muovono i miei passi,
e con loro avanzando
io il caos vo' fuggendo.Anas
.