Ecologia delle acque dolci

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    Ecologia delle acque dolci

    1 INTRODUZIONE

    Ecologia delle acque dolci Ramo dell’ecologia che studia l’ambiente delle acque dolci continentali: i fattori abiotici che le caratterizzano e le comunità animali e vegetali che vi abitano. L’analisi è diversa a seconda che si tratti di acque correnti o lotiche (ruscelli, torrenti, fiumi) oppure di acque ferme o lentiche (stagni, laghi).

    2 ECOSISTEMI APERTI O DELLE ACQUE LOTICHE

    Gli ecosistemi delle acque correnti, o lotiche, sono sostanzialmente tutti quelli che si trovano lungo l’intero corso di un fiume, dalla sorgente alla foce, attraverso rigagnoli, torrenti, fiumi pedemontani e fiumi di pianura. La principale caratteristica di questo tipo di ecosistemi è la corrente dell’acqua: da essa dipendono la temperatura, la quantità di ossigeno disciolto, la conformazione dell’alveo, il tipo di sedimenti deposti sul fondo e il grado di inquinamento. A loro volta, tutti questi parametri (i fattori abiotici) influiscono sul tipo di comunità di viventi che vi si adattano.

    2.1 Comunità delle acque lotiche: adattamenti

    Le specie animali e vegetali che si trovano nelle acque correnti dispongono di particolari adattamenti morfologici e fisiologici che consentono loro di vivere, nutrirsi e riprodursi anche in condizioni di forte turbolenza. Alcuni presentano un corpo idrodinamico, “disegnato” appositamente per opporre una minore resistenza all’acqua; ne sono un esempio le trote di fiume e le larve di alcune specie di efemeridi. Altri – quelli adattati a vivere a contatto con il fondo – presentano invece un corpo appiattito, che consente di infilarsi sotto le rocce, o di mantenersi entro lo strato limite del corso d’acqua, al riparo dalla corrente degli strati superiori; è il caso delle larve di alcuni insetti dell’ordine dei plecotteri. Altri ancora dispongono di speciali organi di attacco, con cui contrastare la forza dell’acqua: alcune larve, ad esempio, si ancorano alle rocce per mezzo di ventose e uncini addominali; quelle di certi tricotteri si costruiscono con frammenti di pietra minuscoli astucci ancorati alle rocce, all’interno dei quali si rifugiano.

    Le specie vegetali tipiche di questi ambienti sono alcuni muschi (ad esempio, Fontinalis hypnum), che si fissano saldamente sui ciottoli del fondo e si sviluppano parallelamente alla direzione della corrente, e le alghe sessili, che crescono sulle superfici rocciose e sono rivestite di una sostanza gelatinosa che favorisce lo scorrimento dell’acqua, riducendone l’attrito.

    Nei punti in cui i corsi d’acqua si allargano su aree relativamente pianeggianti, la velocità della corrente tende a diminuire lungo i margini dell’alveo, i quali si popolano, quindi, di specie adatte a vivere in acque un po’ più tranquille e calde, come spigole, centrarchidi, vari tipi di insetti acquatici capaci di nuotare in superficie, microrganismi tipici del plancton vegetale (fitoplancton) e alcune piante acquatiche provviste di radici con cui si ancorano ai bordi del bacino idrico.

    2.2 Zonazione di un corso d’acqua

    Per rendere sistematico lo studio delle comunità che vivono in un ambiente di acque lotiche, è necessario operare una zonazione, vale a dire individuare zone distinte all’interno del corso d’acqua, diverse per i valori che determinati parametri significativi assumono al loro interno. Uno dei sistemi di zonazione possibili è quello che adotta come parametri significativi la larghezza dell’alveo e la sua pendenza: la combinazione dei due parametri determina infatti la velocità della corrente, e quindi tutti i fattori abiotici dell’ecosistema. Le zone individuate prendono il nome dalle principali specie ittiche che in esse si trovano; così, il corso di un tipico fiume dell’Europa occidentale temperata può risultare suddiviso nelle seguenti zone, al crescere della larghezza dell’alveo e al diminuire della pendenza: zona di trote, zona di temoli, zona di barbi e zona di abramidi. A ognuna di esse è associata tutta una fauna di pesci e invertebrati che affiancano le specie ittiche rappresentative da cui prendono il nome.

    2.3 Le acque lotiche come ecosistemi aperti

    Gli ecosistemi delle acque lotiche possono essere considerati sistemi aperti, in quanto dipendono dall’ambiente terrestre circostante per l’approvvigionamento di energia primaria. La vegetazione riparia scarica nel fiume foglie e frammenti organici che vengono dapprima parzialmente decomposti da batteri e funghi e, quindi, consumati da organismi detritivori sminuzzatori (insetti acquatici), che li riducono in particelle minutissime. Queste particelle di materia organica, insieme ai frammenti di alghe staccati dalle rocce da particolari organismi detti brucatori, costituiscono l’alimento base della dieta di svariate specie, dalle quali ha origine una catena alimentare subacquea che culmina con i pesci e gli insetti predatori.

    3 ECOSISTEMI CHIUSI O DELLE ACQUE LENTICHE

    All’interno di un ecosistema di acque ferme o stagnanti (lentiche) si distinguono in genere due zone: una litorale, con acque relativamente basse, e una pelagica, di acque profonde. Sulla base di questa distinzione si può definire un lago come un ecosistema ad acque lentiche in cui prevale la zona pelagica, e uno stagno come un ecosistema ad acque lentiche che sostanzialmente coincide con la sua sola zona litorale.

    La zona pelagica può essere poi suddivisa in zone verticali, sulla base della capacità di penetrazione della luce e della differenza di temperatura e di densità: si distingue quindi uno strato più superficiale, detto epilimnio, che si estende in profondità fino al limite in cui riesce a filtrare una quantità di luce sufficiente a innescare il processo di fotosintesi; uno strato mediano, detto metalimnio, le cui acque sono relativamente calde e poco dense; uno strato profondo, o ipolimnio, costituito da acque più fredde e povere di ossigeno, in cui, tra fango e limo, hanno luogo i processi di decomposizione della materia organica.

    3.1 Temperatura e stratificazione dell’acqua

    La temperatura di un corpo d’acqua varia sensibilmente al variare della profondità, in modo diverso a seconda delle stagioni. Questo dipende dal singolare comportamento della densità dell’acqua in funzione della temperatura: come è noto, essa aumenta al diminuire della temperatura fino ai 4 °C, poi diminuisce. Tale proprietà fa sì che in autunno, via via che la temperatura scende, l’acqua dello strato superficiale si appesantisca e scenda in profondità, causando un generale rimescolamento; allo stesso modo, in primavera, gli strati superficiali freddi si riscaldano fino ai 4 °C, diventano più pesanti e ancora una volta sprofondano verso il basso. Questa dinamica garantisce che gli strati più profondi si mantengano a una temperatura non inferiore ai 4 °C, adatta alla sopravvivenza degli animali che vi abitano.

    3.2 Comunità delle acque lentiche

    All’interno di un corpo di acque lentiche si distinguono tre gruppi di comunità viventi: quelle della zona litorale, quelle della zona pelagica e quelle della zona bentonica (a contatto con il fondo). In genere, la zona litorale è occupata da specie vegetali che crescono ancorate al fondo: ad esempio, procedendo dalla riva verso il centro del lago, si possono incontrare canne, giunchi, ninfee e alghe verdi della famiglia delle caroficee. In questo ambiente trovano ospitalità diversi animali, tra cui innumerevoli invertebrati e anfibi. In particolare, tra la vegetazione più alta trovano riparo e cibo le larve delle libellule, i coleotteri acquatici, i lucci e le lamprede. Tra le macchie di tife e altri tipi di piante semisommerse nidificano tordi sasselli, merli e scriccioli di palude, oltre a topi muschiati e microtini d’acqua.

    Nella zona pelagica si distinguono due tipi di comunità: quella del necton, comprendente animali capaci di movimento proprio, come i pesci, e quella del plancton, costituita da microrganismi vegetali e animali che fluttuano liberamente nell’acqua.

    Nella zona bentonica non penetra la luce necessaria per la fotosintesi. Questo preclude l’esistenza negli strati profondi di organismi autotrofi e di tutti gli organismi che abbisognano di una buona concentrazione di ossigeno. Oltre che per assenza di processi fotosintetici, infatti, nella zona bentonica l’ossigeno scarseggia perché consumato in grandi quantità nei numerosi processi di decomposizione della materia organica. Per questo motivo, le uniche specie che popolano la zona sono quelle in grado di sopravvivere in condizioni di penuria di ossigeno, e che si nutrono di detriti e residui di materia organica (detritivori e saprofiti): principalmente batteri, larve e taluni protozoi.

    3.3 Le acque lentiche come ecosistemi chiusi

    Gli ecosistemi delle acque lentiche vengono considerati sistemi chiusi, in quanto non dipendono da un apporto di materiale dall’esterno per l’approvvigionamento energetico. L’energia primaria, infatti, è fornita dal fitoplancton e dalle alghe verdi; questi costituiscono il primo livello della rete alimentare che coinvolge tutti gli organismi del corpo d’acqua.


     
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  2. Gruppo Ecologia
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    Buongiorno, ho trovato fantastico il Vostro articolo, è possibilie conoscere le fonti?
     
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  3. Lunacane
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    trattato l'argomento in modo chiaro e riassuntivo. Ottimo per il mio esame di ecologia applicata, grazie
     
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2 replies since 1/6/2011, 23:06   1618 views
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