Capitolo II- Gli ultimi respiri di Igleas ( I Parte )

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    Capitolo II

    Gli ultimi respiri di Igleas (I Parte )


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    Era lì, proprio di fronte a lei, e la fissava con uno sguardo misto tra la curiosità tipica di un bambino e la sfrontatezza di un essere che sa di averti nelle sue mani. Era lì, proprio di fronte a lei, poteva sentire il suo respiro pesante, la puzza del sangue ancora fresco sul suo petto, il suo cuore che batteva alimentato dall’adrenalina.
    Era pietrificata, come legata al terreno, mentre il suo cervello e la sua coscienza gli urlavano in coro di fuggire il più lontano possibile da quell’abominio, con tutto il fiato che aveva nei polmoni, senza pensare, senza guardare.
    Il gigante si lecco il sangue sulle labbra, pregustando il suo prossimo pasto, continuando a fissarla con quello sguardo surreale, tanto inquietante da smorzarle qualsiasi capacità d’azione.
    Stava per morire, se lo sentiva, avrebbe fatto una brutta fine, forse peggiore di quella di Fred e si auto maledì per non aver creduto alle parole di sua sorella, per non aver dato abbastanza peso a quella faccenda, restando lì in mezzo al campo di fiori, che presto sarebbe diventato il suo patibolo e la sua tomba.

    L’essere avanzò di altri tre passi, con estrema tranquillità, sapendo di avere tutto il tempo necessario per fare le cose con calma, la sua preda dopotutto era completamente terrorizzata e immobile.
    Isabel avrebbe voluto urlare, invocare aiuto, ma non riusciva a fare nemmeno quello; si era allenata a lungo per poter diventare un soldato e in altre circostanze avrebbe potuto anche reagire combattendo, ma non in quel caso, non contro quella cosa.
    Il gigante avanzò ancora, Isabel strisciò a terra per allontanarsi con uno sprizzo d’energia ma non servì a niente, poiché fu afferrata per un piede e tirata su tutta d’un colpo: in un attimo si ritrovò a penzolare a testa in giù, vedendo un panorama sfocato e sottosopra con il sangue che cominciava a insidiarsi nel cervello.
    Era così che sarebbe morta? Ingoiata da quel mostro in un sol boccone? Il non avere più i piedi a terra le stava mandando in tilt la mente,come se tutto quello che era successo non fosse stato già abbastanza.
    Il gigante la alzò ancora di più, spalancando le enormi fauci e la ragazza chiuse gli occhi, non volendo assistere a quella scena, alla sua stessa morte, ma tutto ciò che udì fu un singolo e rumoroso colpo di fucile.
    In una manciata di secondi si ritrovò a terra, con la testa dolorante, più confusa di prima.



    < Isabel, allontanati! > urlò una voce familiare, sembrava quella di Dom, seguita da un altro colpo di fucile e dalle grida del gigante infuriato.
    Senza riflettere si lanciò in avanti, rotolando a terra e si ritrovò a pochi passi dal suo compagno e da una guardia che continuava a puntare la sua arma contro l’abominio, tremando leggermente.
    < Dom… Fred è… Fred è… mio Dio… > riuscì a balbettare con le lacrime che le rigavano il viso mentre il ragazzo la soccorreva sincerandosi della sue condizioni. Il gigante continuava ad urlare, poggiando le mani contro gli occhi da cui fuoriuscivano fiotti di sangue.
    La guardia aveva avuto una mira eccezionale, ma non era ancora finita e pur avendo un fucile non avevano alcuna chance di sconfiggere quell’essere.
    < Dom, i giganti… i giganti esistono e io… Ivy aveva ragione… santo cielo > Isabel stava perdendo il senno dopo quello a cui aveva assistito e Dom la strattonò, fissandola con i suoi occhi neri come la pece:
    < Calmati Isabel! Non è il momento di piagnucolare, dobbiamo andarcene da qui! > urlò il giovane, notando che il gigante si stava riprendendo.
    La guardia sparò altri tre colpi, mentre il ragazzo aiutava Isabel a rialzarsi, e in quel momento si accorsero che il gigante non presentava alcuna ferita agli occhi, come si fosse rigenerati:
    < E’ impossibile! > esclamò Dom, senza lasciare la mano di Isabel, ma era tutto vero.
    < Cazzo… andate via ragazzi, andate via! > urlò il soldato, ricaricando con qualche difficoltà il fucile mentre l’essere ricominciava ad avanzare, più infuriato che mai.
    < Corri Isabel! > Dom strinse la presa sulla mano della ragazza e iniziò a correre verso le porte del villaggio nello stesso momento in cui il gigante furioso si lanciava all’assalto della guardia. Il soldato tentò di evitare l’attacco dell’essere, ma fu tutto inutile: in un solo secondo si ritrovò chiuso in una presa mortale ed iniziò ad urlare in modo disumano.
    < No, ti prego, no! > Isabel udì la voce del soldato spezzata dal terrore, voleva voltarsi per vedere cosa stava accadendo, ma Dom la rimproverò.
    < Non voltarti, continua a correre! >
    < Ti prego, no… non farlo…. NON FARLO! AAAAAAAAAAAH> le urla strazianti del soldato riecheggiarono tra i campi di fiori e un brivido gelido investì Isabel lungo la schiena che senza volerlo si voltò per vedere e si sentì mancare: il gigante aveva staccato con un solo morso la testa e gran parte del busto della guardia, macchiando il suo volto mostruoso con il sangue del malcapitato, riversando le interiora dell’uomo a terra e spezzando ciò che restava del suo corpo in più pezzi quasi fosse un gioco.

    Assistendo a quella scena orribile Isabel incespicò più volte e non cadde solo grazie a Dom che continuava a mantenere il sangue freddo e lo sguardo rivolto verso le porte del villaggio.
    < Avanti Isa, ci siamo quasi! > lo sentì esclamare, ma lei era troppo scossa per poter rispondere e sembrava più un automa che correva senza meta piuttosto che un essere umano. Due persone erano appena state uccise e divorate davanti ai suoi occhi.
    Fu il suono di una campana a farla trasalire e rinvenire al tempo stesso: la campana posta nella torre più alta della palizzata, quella stessa campana che suonava solo se il villaggio era in pericolo.
    < Oh no, non sarà mica che… > Isabel sussultò al solo pensiero, iniziando a sentire le gambe che si appesantivano passo dopo passo.
    < Temo di sì > rispose Dom, scuro in volto, senza distogliere lo sguardo dalla meta, con il sole che ormai iniziava a nascondersi dietro i monti, quasi a voler nascondere quell’orrore.



    Alcune colonne di fumo nero iniziarono ad innalzarsi dal villaggio, mentre la campana continuava a suonare, sovrastando le urla della gente e gli echi dei fucili. Presa ad osservare le sagome delle case che si facevano sempre più grandi Isabel non si accorse di una piccola roccia sulla strada e inciampò, cadendo rovinosamente a terra. Dom si fermò di colpo, pronto a soccorrerla:
    < Dannazione, ci sta venendo ancora dietro! > urlò furioso il giovane, mordendosi le labbra, vedendo che il gigante, finito di divorare la guardia, li stava inseguendo a passo svelto.
    < Presto Isa rialzati, ci sta raggiungendo! > Isabel era a terra, con gli occhi sgranati verso la figura del gigante che si faceva sempre più nitida. Si rialzò il più in fretta possibile, ma il gigante era ormai a qualche metro da loro quando accadde l’impensabile: una palla di cannone investì in pieno l’essere, maciullandogli la gamba destra. Il gigante come un albero strappato dalle proprie radici si accasciò a terra, continuando a strisciare per raggiungere i due ragazzi e lasciandosi alle spalle un’orribile striscia di sangue scuro.
    < Ehi voi due, rientrate, presto! > urlò una delle guardie sulla palizzata, la stessa che aveva utilizzato il cannone insieme ai suoi compagni. Erano salvi per miracolo.
    < Che sta succedendo? > chiese Dom, attraversando la porta in legno, seguito da Isabel che era diventata pallida come un lenzuolo.
    < Degli esseri enormi hanno attaccato il villaggio, la guarnigione li sta tenendo impegnati mentre evacuiamo la popolazione, dovete raggiungere il fiume e prendere una delle barche, adesso! > rispose la guardia, mentre i suoi compagni ricaricavano il cannone per far fuoco nuovamente sul gigante che nel frattempo stava tentando di rialzarsi ansimando.

    Dom annuì e Isabel lo osservò stupita per alcuni secondi: aveva la sua stessa età, ma in quel momento si stava comportando come un uomo maturo, capace di reagire prontamente ad ogni situazione. Lo invidiava, in un certo senso.
    Una volta entrati nel villaggio la scena che si presentò ai loro occhi li lasciò di stucco: c’era gente che correva a destra e manca, urlando, piangendo, mentre tutti i soldati della guarnigione accorrevano nel punto in cui i giganti avevano iniziato l’attacco. Alcune case erano state spazzate via da enormi massi, altre erano in fiamme e l’odore acre di bruciato si mescolava al fetido puzzo della carne morta.
    C’erano già delle vittime: alcune persone erano state letteralmente calpestate dalla folla in fuga e giacevano riverse a terra, nel loro stesso sangue, e tra di loro c’era anche una bambina che non aveva dovuto avere più di cinque anni.
    Isabel non riuscì a trattenere le lacrime, vedendo quel povero corpicino senza vita e con i segni delle suole degli stivali sul vestito azzurro.
    < Merda… > imprecò Dom tirando un pugnò contro la parete più vicina < Qui sta andando tutto a puttane! > urlò, tirando altri due pugni, arrivando a lesionarsi le nocche.
    < Fermati Dom… > sussurrò Isabel, con le mani che le coprivano il viso.
    < Merda! Merda! Merda! Merda! > il giovane continuò ad imprecare e a tirare pugni con foga.
    < Maledizione, FERMATI DOM! > la ragazza bloccò l’ennesimo gancio del giovane con la mano, fissandolo con la faccia stravolta dalle lacrime e ancora sporca di sangue.
    Dom rimase pietrificato da quella reazione, Isabel sembrava un’altra persona.

    I giganti avanzavano nella zona della breccia, le loro figure antropomorfe sovrastavano le case del villaggio e sembravano essere uscite fuori dal più tetro e macabro dei racconti horror, se non dall’inferno stesso.
    Continuavano a barcollare tra una strada e l’altra, uccidendo e divorando gli abitanti che non erano riusciti a fuggire o a che avevano temporeggiato troppo nel cercare di salvare qualche bene prezioso oltre alla propria vita.
    Quegli esseri immondi stavano decimando la popolazione di Igleas con una facilità allucinante e le guardie sembravano non riuscirne ad uccidere neanche uno.
    Era forse quella l’apocalisse?
    Dom abbassò prima lo sguardo e poi le mani:
    < Mi dispiace… > disse < Ma sta succedendo tutto così in fretta > aggiunse, sospirando profondamente.
    < Dobbiamo trovare le nostre famiglie, Dom, e andare via, prima che sia troppo tardi> osservò Isabel, poggiando la schiena contro la parete di una casa. Per un po’ era tornata lucida e aveva il controllo di se stessa. La gente continuava a fuggire.
    < La mia famiglia non c’è più… > Dom indicò alcuni corpi senza vita riversi accanto alla fontana al centro della piazza.
    Erano i suoi genitori.
    Isabel sentì un tonfo al cuore.
    < Li ho visti non appena siamo entrati… deve essere successo quando il panico è dilagato in mezzo alla folla > la sua voce era fredda, priva di qualsiasi sentimenti e anche il suo sguardo era diventato vuoto. Ora capiva perché aveva reagito in quel mondo, il motivo di tutti quei pugni.
    < Mi dispiace… mi dispiace > rispose lei, abbracciandolo.
    Alcuni soldati attraversarono in fretta la piazza, brandendo delle lance e dei fucili, per andare a dar man forte al resto della guarnigione che stava combattendo nella zona est di Igleas.
    Dom la strinse a sé, senza spiccicare parola, restando semplicemente in silenzio prima di tornare serio e pacato come se nulla fosse successo. I suoi capelli corvini ribelli gli avevano coperto l’occhio sinistro e ricoperto di polvere e terra in quello stato sembrava un’altra persona.
    < Non abbiamo il tempo di piangere i morti, non adesso. Dobbiamo trovare la tua famiglia Isa, probabilmente non sono ancora saliti sulle barche visto che non sei tornata > esordì, asciugandosi una singola lacrima che gli aveva bagnato l’occhio sinistro.
    Isabel lo abbracciò un’ultima volta, asciugandosi anche lei le lacrime.
    < Hai ragione, muoviamoci > altre urla, altri spari, i giganti stavano avanzando e lei ne aveva contati ben sei e aggiungendo quello che li aveva inseguiti erano sette.

    Dom annuì e svoltò l’angolo pronto a correre verso la casa degli Ackerman e Isabel fece altrettanto, ma non appena si ritrovarono nella piazza uno di quegli esseri sfondò una piccola abitazione, scaraventando i due malcapitati insieme alle macerie dall’altra parte dello spazio aperto.
    Dom finì contro la parete del municipio, un impatto tremendo, e scivolò a terra sputando sangue, ma ancora vivo. Isabel finì per scontarsi contro una delle finestre dello stesso edificio, sfondandola e rotolando nella stanza, piena di lividi e tagli.
    Sentì un forte dolore all’occhio destro e il sangue che scivolava lungo le guance come lacrime, tentò di rialzarsi ma non ci riuscì e l’ultima cosa che vide fu una ragazza che la fissava impietrita, ferita e rannicchiata nell’angolo della stanza.
    < Isabel… >

    Edited by °Forfeus° - 7/9/2013, 12:31
     
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    Sono il pazzo tra i pazzi
    In questi strani palazzi
    Che hanno piani infiniti
    Ma che sono crollati.

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    Allora... Come nel primo capitolo l'elemento macabro è curato in modo ottimo, così come le sensazioni dei personaggi. Sul piano "tecnico", chiamiamolo così, ci sono alcuni errori, in particolar modo mancano diverse virgole. Poi vabbe, qualche errore di battitura. Comunque per ora mi piace come Fan Fiction, spero che non succeda come nell'anime, cioè che la gente comincia a diventare gigante, altrimenti mi incazzo. U_U
    Continuo a leggere.
     
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1 replies since 29/8/2013, 20:24   184 views
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