Capitolo III- Gli ultimi respiri di Igleas ( II Parte )

Attack on Titan- Days from a Dramatic Past

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    Capitolo III

    Gli ultimi respiri di Igleas ( II Parte )


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    “ L’umanità è sempre stata impegnata a farsi del male da sola, nel modo più semplice in assoluto. Sto parlando della guerra. Per avidità, per bramosia di potere, per motivazioni stupide più che comprensibili, l’uomo ha sempre ucciso, massacrato o semplicemente torturato i propri simili e i cataclismi ambientali o le epidemie hanno fatto il resto. Non c’è mai stato verso di far appacificare l’umanità, in nessun modo, mai. Fino ad ora. Perché, potrà sembrare strano, quando l’umanità si trova veramente in pericolo, contro qualcosa che è più spietata di lei, si ricorda al tempo stesso che può collaborare, cooperare con i propri simili per raggiungere un obiettivo, in questo caso la sopravvivenza della specie. I giganti, o Titani come li definisco io, sono quella motivazione che ha ridato la vista ai ciechi. Ma la domanda da porsi è: riusciranno a collaborare prima che sia troppo tardi? ”

    Katya Monford



    Respirava affannosamente, quel volo le aveva spezzato il fiato se non qualche ossa.
    < Non pensavo che sarebbe finita così… > quella voce le sembrava giungere da lontano, come se ci fosse stato un muro a dividerla dalla persona che stava parlando.
    < Mio padre me ne aveva parlato, ma io non gli avevo creduto… > in lontananza continuava ad udire le urla della gente, il sibilo dei fucili e le esplosioni che stavano devastando il villaggio, ma lei era ancora troppo stordita.
    < Sono… sono davvero grandi… e cattivi… > la ragazza continuava a parlare, ma sembrava avere difficoltà nel pronunciare le parole.

    Riusciva soltanto a vedere il soffitto in legno, per giunta con il solo occhio sinistro, dal quale cadeva una nuvoletta di polvere ogni volta che riecheggiava un’esplosione.
    < Domani sarebbe stato il mio compleanno… mio padre mi avrebbe regalato un cavallo… ci pensi? Un cavallo vero > quella ragazzina stava forse delirando? Perché non accorreva a soccorrerla? Che cosa stava succedendo? Si stava ponendo troppo domande e il suo cervello era troppo annebbiato dal dolore e dalla confusione per poter rispondere anche ad uno solo di quei quesiti.



    < Fa freddo… a te non fa freddo, Isabel? > quella frase la fece rabbrividire involontariamente e si rialzò di scatto, sentendo che i cocci di vetro le scivolavano di dosso insieme ad alcuni frammenti di legno.
    Come un fulmine a ciel sereno tutto quello che era successo nell’ultima ora si fiondò nella sua mente: l’incontro con il gigante, la morte di Fred, il salvataggio di Dom e… “Dom!” urlò nella sua testa, ricordandosi del gigante che aveva sfondato quella casa scaraventandoli contro il municipio.

    Lei era finita contro la finestra, ma Dom aveva beccato in pieno la parete esterna. Per quanto tempo era rimasta lì a terra? Non poteva saperlo, ma il gigante avrebbe già divorato prima il suo amico e poi lei in quei pochi istanti trascorsi dal volo. No, qualcosa doveva aver attirato la sua attenzione e questo le fece tirare un piccolo sospiro di sollievo, anche se non c’era tempo da perdere.
    < Ti fa male l’occhio destro? Anche a me fa molto male … vicino al cuore > la voce di quella ragazza la fece rinvenire nuovamente e quando si voltò per capire chi fosse un’espressione di orrore apparve sul suo viso: era Katryn, un’amica di Ivy poco più che quattordicenne, l’aveva incontrata un paio di volte e si era affezionata a lei per il suo carattere solare e aperto.

    Giaceva seduta con la schiena contro la parete danneggiata della stanza, con un pezzo di legno appuntito che le aveva attraversato il torace nella parte destra. Il sangue usciva lento, ma ininterrottamente, macchiando le vesti e il pavimento, imbrattando le sue piccole mani, piene di tagli per avere tentato di estrarre quell’arma mortale.
    Doveva essere caduta quando l’edificio era stato colpito, rifugiatasi lì per chissà quale motivo e quando lei era precipitata all’interno non si era accorta della gravità della situazione.
    < Devi aiutarmi… Isabel > quegli occhi azzurri e malinconici la stavano fissando, invocando aiuto, e non riusciva a sostenere quello sguardo. Si avvicinò e si inginocchiò accanto a lei, accarezzandole i capelli ricci e biondi, per tranquillizzarla.
    < Andrà tutto bene… andrà tutto bene, Katryn > disse, anche se più che convincere la ragazzina doveva convincere se stessa.
    Quella sorta di trave spezzata le aveva lacerato le carni e i vestiti, mostrando un’orribile ferita e un rivolo di sangue le fuoriusciva anche dalla bocca, segno che il dissanguamento era a livelli critici.
    < Dove sono i tuoi genitori? > chiese, tentando di tamponare l’emorragia anche se era tutto inutile.
    < Uno di quei mostri li ha divorati entrambi… davanti ai miei occhi… > Katryn rispose con tono assente, tenendo lo sguardo basso. Il suo respiro era greve e il suo colorito pallido, aspetti che portavano ad una sola, tragica conclusione.

    Isabel, non riuscì a dire nulla, limitandosi a poggiare una mano sull’occhio destro che le faceva ancora male.
    < Prendi questa, Isabel, e fa quel che devi… > riprese la ragazza, recuperando con difficoltà una pistola che aveva nascosto sotto la gonna. Isabel sgranò gli occhi:
    < C-cosa? > balbettò, mentre la giovane le porgeva l’arma carica.
    < Non voglio finire divorata come mamma e papà… perciò… sparami > disse, soffermandosi sull’ultima parola che sembrò gelarle l’anima.
    Isabel si incupì, sconvolta:
    < Non posso farlo > sentenziò, stringendo i pugni.
    < Devi… ti prego… ho già sofferto abbastanza … > sentire quelle parole pronunciate da una ragazza così giovane le spezzò il cuore, ma aveva ragione: non c’era fine peggiore di finire divorata da una di quelle cose, una fine che avevano subito in molto ad Igleas, ormai.
    Deglutì, si fece coraggio e afferrò la pistola, puntandola contro la testa di Katryn.
    < Grazie, Isabel… grazie > la ragazzina sorrise, prima che esplodesse il colpo di pistola e quel sorriso la uccise emotivamente.
    La testa di Katryn cadde sulla spalla sinistra, con quel sorriso ancora stampato sul volto straziato dal dolore , con gli occhi vitrei che ormai fissavano il vuoto.



    < Isabel! > la voce di Dom la fece sussultare e perse la presa sulla pistola che cadde a terra con un tonfo sordo.
    Si voltò verso di lui con il viso rigato dalle lacrime.
    < Hai fatto la cosa giusta > si limitò a dire, lanciando uno sguardo prima al corpo senza vita di Katryn e poi alla pistola ancora fumante.
    Isabel annuì, senza proferire parola, mentre Dom le mostrava che a parte qualche contusione stava bene ed era riuscito a scampare al gigante. Stavano per abbandonare l’edificio quando lo stesso gigante di prima sfondò un’altra finestra della stanza, infilandoci la testa per poter entrare.
    < Dannazione è tornato! > esclamò Dom strattonando Isabel prima che potesse essere afferrata dalle fauci insanguinate dell’essere, che si dimenava sgretolando pian piano la parete per poter far passare le braccia.
    < Dobbiamo salire, avanti! > i due fuggirono dalla stanza, imboccando le rampe di scale che conducevano ai piani superiori.

    Nel frattempo nella piazza era giunto un manipolo di soldati che si apprestarono ad attaccare il gigante:
    < Abbattetelo! > urlò il comandante e i sei restanti uomini ingaggiarono la creatura, colpendola con enormi picche al torace e alla gambe: l’essere grugnì e voltandosi verso di loro, afferrò due delle picche e con una forza sovraumana spinse i due poveri soldati l’uno contro l’altro, schiacciandoli come se fossero state mosche.
    Gli altri quattro arretrarono e ripartirono all’attacco, mentre il comandante tentava di falciare le caviglie del gigante con la sua lama.

    L’essere afferrò un’altra delle picche conficcate nel suo torace e scaraventò il malcapitato contro il municipio, riducendolo ad un cumulo di viscere e arti spezzati, ma il comandante riuscì a ferirgli una caviglia a tal punto da farlo cadere, ma precipitando quest’ultimo investì un altro dei soldati, maciullandolo.
    < Adesso! Fuoco! > urlò il comandante e uno dei cannoni trasportati nella piccola piazza esplose un colpo che fece scoppiare la testa del gigante in un nugolo di sangue e cervella.
    Una piccola pioggia di sangue investì i due sopravvissuti, mentre il corpo senza vita del mostro si accasciava a terra negli ultimi spasmi.



    I due ragazzi stavano continuando a salire le scale, finché non si ritrovarono sul tetto del municipio, circondati dall’orrore che stava divorando Igleas e i suoi abitanti: il villaggio ormai semidistrutto e in fiamme era disseminato di cadaveri o dei resti di persone divorate dai giganti, sembrava il giorno del giudizio.
    < Che cosa facciamo? > chiese Isabel, che nel frattempo si era bendata l’occhio destro con uno manica della camicia.
    < Ce ne andiamo di qui! > esclamò il ragazzo, affacciandosi di sotto per controllare la situazione: il cadavere del gigante aveva iniziato a muoversi di nuovo e davanti allo stupore dei sopravvissuti la testa era ricresciuta, le ferite si erano rimarginate e l’essere si era rialzato come se niente fosse successo.
    I due soldati, ancora stupiti, non ebbero il tempo di reagire e furono prima dilaniati e poi divorati con foga dal gigante, che riprese a scorrazzare per le strade del villaggio in cerca di nuove prede.
    < Oh mio Dio… è peggio di quanto pensassi > sussurrò Dom, cercando una possibile via di fuga. Isabel era rimasta lì immobile, avendo assistito a quell’ennesima scena di morte.
    < Raggiungiamo il fiume, stanno andando tutti lì > propose, pensando che anche i suoi genitori probabilmente avevano fatto la stessa cosa.
    < Non credo proprio… > indicò la sponda del fiume che da quell’altezza si vedeva e la ragazza intravide le sagome di tre giganti che stavano facendo a pezzi le barche con le persone ancora a bordo, afferrandole come pesci che cercano scampo nelle acque e banchettando con le loro carni davanti agli occhi increduli di amici e parenti.

    Uno spettacolo terrificante, che da poco meno di un’ora continuava a ripetersi decine, anzi centinaia di volte.
    < DANNAZIONE! > urlò a squarciagola, estirpando le ultime lacrime che aveva, trasformando la sofferenza e il dolore in rabbia e ira. Quei giganti, quei dannati giganti avevano distrutto il suo villaggio, probabilmente anche la sua casa, ma soprattutto la sua vita.
    < Andiamo, ho un’idea > esordì Dom, lasciandosi alle spalle quel genocidio, e Isabel lo seguì, mordendosi le labbra fino a sentire il sapore del sangue in bocca.

    I due giovani saltarono dal tetto del municipio per finire su quello di un’altra casa, un piano più in basso, evitando di finire di sotto grazie agli stretti vicoli che dividevano i vari edifici del villaggio.
    Proseguirono così, di tetto in tetto, facendo attenzione ad evitare tutte le zone in cui c’erano gli scontri, o meglio i massacri dei soldati, e cambiando direzione ogniqualvolta una di quelle bestie li notava anche solo con la coda dell’occhio, finché non giunsero alle stalle, che sembravano ancora immacolate.
    Erano stanchi, feriti, provati nel fisico ma soprattutto nella mente, eppure erano riusciti ad arrivare fin lì e non si sarebbero fermati.
    < Dei cavalli? > chiese Isabel, riprendendo fiato.
    < Esatto, fuggiremo con i cavalli, verso la foresta. E’ l’unica alternativa che abbiamo> senza prolungare il discorso entrarono nelle stalle e ritrovarono altre persone sconvolte all’interno che si accingevano ad abbandonare Igleas a cavallo.
    Tra di loro, Isabel riconobbe anche sua sorella:
    < Ivy! > saltò al collo della ragazza, che era piena di lividi e presentava una piccola ferita al braccio sinistro, ma stava bene.
    < Grazie al cielo sei viva > rispose lei, ricambiando l’abbraccio, come se non si fossero viste per anni.
    < Dove sono mamma e papà? > domandò.
    < Non lo so > rispose secca la sorella, sospirando < Quando è iniziato tutto sono stata spinta verso questa zona e sono scampata per miracolo ad uno di quei giganti. Con queste persone mi sono rifugiata nella locanda del vecchio Jof e ora siamo riusciti ad arrivare qui grazie al sacrificio di alcuni soldati… > raccontò, indicando gli altri abitanti che stavano finendo di montare le selle.
    < Muoviamoci, non abbiamo tempo, stanno arrivando > si intromise Dom, indicando in lontananza le figure di due giganti che stavano lottando contro alcuni soldati asserragliati sui tetti.

    Le ragazze annuirono e a malincuore balzarono sopra uno dei cavalli e Dom fece altrettanto, sfruttando lo stupore generale dei presenti nel vedere che due di quelle bestie infernali si stavano dirigendo nella loro direzione.
    Il panico scoppiò nella stalla non appena uno dei due giganti superò il blocco imposto dai soldati e i tre ragazzi galopparono attraverso la folla terrorizzata, arrivando a schiacciare anche qualcuno, uscendo dall’edificio in legno e scampando a morte certa.
    Galopparono finché non si ritrovarono accanto ai primi alberi della foresta e si voltarono per lanciare un’ultima sguardo al villaggio: le fiamme degli incendi illuminavano a giorno la zona, ormai immersa nell’oscurità della notte, e rendevano ancora più inquietanti le figure dei giganti che si aggiravano tra le rovine alla ricerca dei pochi sopravvissuti al massacro.

    Dom stringeva le redini, fissando imperterrito quel panorama, mentre Isabel giaceva poggiata contro le spalle di Ivy, che aveva deciso di cavalcare al posto suo per farla riposare un po’.
    Igleas era ormai caduta, i suoi abitanti erano periti e un altro frammento dell’umanità si perdeva per sempre nell’oblio della morte. I tre ragazzi proseguirono la loro fuga nel cuore della notte e della foresta, lasciandosi alle spalle le urla delle vittime, urla che non le avrebbero più abbandonate. Mai più.

    Edited by °Forfeus° - 7/9/2013, 12:51
     
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  2. °Forfeus°
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    CITAZIONE (MihawkSpadanera92 @ 2/9/2013, 13:04) 
    il terzo capitolo forfeus è una parte di storia molto intensa,ci sono scene di morte ovunque povera isabel non sa proprio che fare quando vede che i giganti uccidono i soldati uno dopo l'altro anche dopo che vengono sparati e fuculati con i cannoni ç_ç.è proprio un capolavoro per me forfeus,la narrazzione è perfetta o quasi,almeno del terzo capitolo,sei epico,drammatico e molto descrittivo al punto giusto per una storia come questa di un anime :) bravooooo :)♥ sei grande fratello

    Ehi Mihawk grazie mille ^^ Fa sempre piacere sapere che si è riusciti nel proprio intento, ma vorrei chiederti un favore: i commenti puoi scriverli direttamente nel topic principale della fan fiction, senza doverli scrivere qui o negli altri post dei capitoli... perciò sposta questo commento nel topic principale ( se non p di troppo disturbo) e scrivi lì anche quelli successivi ;)
    Grazie ^^
     
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  3. Nikki_Kurenai
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    Le parole di Katya Monford calzano a pennello all’inizio del capitolo.
    Non pensavo che Katryn desse la pistola ad Isabel per puntarla alla propria testa, pensavo piuttosto alla pistola come arma di difesa personale di Isabel. Toccante come passaggio.
    Il “Mai più” finale fa capire come quel tragico evento, l’abbatimento di Igleas e lo sterminio dei suoi abitanti, segnerà profondamente i tre personaggi: Ivy perché nel primo capitolo si intuisce il suo credere nei Giganti; Isabel perché, inizialmente scettica, verrà scaraventata con la forza nella realtà in cui non voleva credere; Dom perché ha perso i suoi genitori sotto i suoi occhi.
    Complimenti per le scelte musicali ;)
     
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2 replies since 29/8/2013, 20:28   124 views
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