Capitolo VIII- Non lasciarmi sola

Attack on Titan- Days from a Dramatic Past

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  1. °Forfeus°
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    Capitolo VIII
    Non Lasciarmi Sola


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    < Acker…man > il titano continuava a ripetere il suo cognome, come se conoscesse solo quella parola e la sua voce spettrale le aveva fatto gelare non solo il sangue nelle vene, ma anche l’anima. I titani non potevano parlare, non avevano mai parlato, fino a quel momento.
    Anche Dom e Ivy avevano sentito quella voce inquietante ed erano rimasti pietrificati, incapaci di reagire mentre Litia veniva devastata sempre di più dall’invasione dei giganti. Solo Alan aveva tentato di prendere in mano la situazione lanciandosi all’attacco contro alcuni classe sei che scorrazzavano lungo le strade insanguinate e piene di macerie verso la loro direzione.

    < Acker… man > in quel momento Isabel stava provando il vero terrore sulla propria pelle, lo sentiva, scivolargli lungo il corpo come sudore freddo, gravargli sulla testa come un macigno, ardergli la gola come lava.
    Avrebbe voluto urlare, ma non riusciva a fare nemmeno quello.
    Quegli occhi rossi continuavano a fissarla senza quasi batter ciglio.

    < Andate… via > il titano scandì per bene quelle parole, muovendo le labbra con lentezza e precisione. Isabel sgranò gli occhi ancora di più, tanto che le pupille sembravano quasi dilatate.
    < C-cosa? > provò a balbettare, arretrando di qualche centimetro sulle tegole del tetto.
    < Andate… via! > esclamò il titano colpendo con forza ciò che restava del campanile della chiesa, riducendolo in macerie. Isabel si coprì il volto con le braccia per evitare la pioggia di calcinacci e polvere. Una maschera di confusione e stupore apparve sul viso della ragazza che nel frattempo aveva stretto la presa intorno all’elsa delle spade.
    Il titano femmina urlò a squarciagola, facendo tremare di nuovo gli edifici, gettando ancor di più nel panico gli abitanti di Litia, o almeno ciò che restava di loro. In quello stesso istante Ivy e Dom partirono all’attacco contro di lei, sfruttando quel momento di distrazione, per permettere ad Isabel di scappare: attivarono le funi, sprigionando il gas ad alta pressione ed attuando la tattica incrociata riuscirono a ferire il titano alle braccia, scambiandosi velocemente le posizioni.
    Ignorando le ferite l’essere si avvicinò ancora di più alla ragazza:
    < Isabel… non lo ripeterò… di nuovo. Andate via! > conosceva il suo cognome, conosceva il suo nome e cos’altro? La confusione la stava divorando viva.

    La rossa e Dom ripresero l’attacco, ma mentre si avvicinavo all’obiettivo quest’ultimo urlò di nuovo, ancora più forte di prima, e l’onda d’urto li destabilizzò, facendogli perdere l’equilibrio in volo: Dom scivolò sul tetto di una casa a tre piani, rotolando sulle tegole che si infrangevano una dopo l’altra per la velocità dell’impatto e si fermò a pochi centimetri dal vuoto, semicosciente.
    Ivy fu sballottata prima contro il tetto di un’altra casa e infine precipitò accanto alla chiesa, con parte del volto sporco di sangue.



    < Ivy! Dom! > assistendo alla caduta dei suoi compagni Isabel sentì tornare le forze e la determinazione di reagire.
    Balzò in piedi, superando il blocco imposto dal terrore, e sparò i cavi d’acciaio proprio contro il braccio destro del titano che sembrò quasi stupito da quel gesto: azionò il gas e disegnando una parabola in aria evitò il gancio sinistro del mostro che tentava di liberarsi.

    Roterò su stessa, sfruttò il gas per sfrecciare lungo la strada evitando le case in rovina e arrivata ad una certa distanza fece retrofronte per scattare con maggiore velocità utilizzando entrambe le funi.
    L’avrebbe uccisa, l’avrebbe uccisa con le sue stesse mani.
    Il titano si voltò appena in tempo per ritrovarsi la figura di Isabel pronta a calare le spade su di lei con una velocità inaudita, ma incrociando le braccia riuscì a parare quel colpo mortale, spezzando le lame della ragazza che per superare il tremendo urto lanciò i cavi contro la parete frontale della chiesa e risalì sul tetto, imprecando.

    Sostituì in fretta le lame, prima che l’essere colpisse in pieno il tetto col pugno serrato, sfondandolo di netto, e saltò all’indietro sganciando di nuovo i cavi, questa volta in faccia al titano.
    Azionò il congegno per dondolare prima a destra e poi a sinistra, evitando qualsiasi tentativo di difesa del mostro e si aggrappò ad una ciocca dei suoi cappelli, atterrando davanti al suo occhio destro: il titano sembrò restare di stucco, cosa che non aveva mai visto in vita sua.
    < Non so come tu faccia a parlare ma non mi importa. Me la pagherai cara! > esclamò la ragazza alzando la lama sinistra.
    < Acker…man… aspe-…. > il titano non riuscì a finire la frase ritrovandosi la lama conficcata nell’occhio. Iniziò subito ad urlare furibonda , urla disumane che per poco non fecero impazzire Isabel, la quale, persa la presa, fu scaraventata contro il tetto della chiesa , scivolando prima sulle tegole e cadendo poi nella voragine generata dall’essere poco prima.

    Per fortuna le macerie attutirono il colpo, ma una fitta di dolore al fianco la fece rotolare fino ad urtare una delle panche in legno ancora intatte.
    Dov’era Alan? Aveva bisogno di lui in quel momento, ora più che mai.
    Non poteva affrontare quel titano anomalo tutta da sola, non aveva molte chance di vittoria.
    Stava per rialzarsi, ripresasi dalla brutta caduta, quando il titano apparve dal tetto sfondato, con l’occhio già risanato e allungò il braccio per afferrarla di nuovo: azionando il sistema del gas volteggiò su stessa con le lame spianate e tranciò di netto due dita della mano al mostro che indietreggiò di qualche passo facendo tremare la terra circostante.

    La guarnigione di Litia insieme ad Alan continuava a lottare, ma chiunque avrebbe capito che la città, ridotta per metà in rovina, era ormai perduta.
    Imbrattata dal sangue del gigante, Isabel adocchiò una torre alla sua sinistra e azionando i cavi evitò la parete crollata della chiesa, scalò l’edificio correndo sui mattoni in pietra e si aggrappò alla ringhiera in ferro, osservando il suo avversario di nuovo negli occhi. Non era finita, non ancora.

    Il titano partì all’attacco, spezzando a metà la torre con un singolo pugno e Isabel saltò in quel preciso istante, attivando le funi per aggrapparsi al braccio del mostro: il gas sibilò nell’aria e la ragazza aggirò il braccio dell’essere, staccando e riagganciando i cavi più e più volte, passando da un arto all’altro, fino a scalarne il torace.
    Schivò un colpo auto inferto dal titano, lanciò i cavi verso un’altra torre e sfruttando l’arco generato da quei suoi movimenti, eseguì un colpo a fionda diretto verso il punto debole del mostro, servendosi di tutto il gas che era rimasto.
    < Sei finita! > esclamò, ignorando le urla del mostro che sembravano centinaia di aghi conficcati nella sua mente, e posizionando parallelamente le spade calò il fendente con tutta la forza che aveva.

    Un bagliore, un suono stridulo, e le lame si spezzarono come se fossero state di vetro, Isabel si ritrovò alla mercé del suo avversario che senza pensarci due volte caricò un altro colpo per stenderla definitivamente.



    Tutto accade in una manciata di secondi: l’enorme mano del gigante che la oscurava mentre precipitava, la figura di Ivy che appariva dal nulla, l’impatto e infine la caduta in mezzo alla rovine di una casa. Il titano stava per avanzare verso di loro, ma il suono di un corno in lontananza sembrò attirare la sua attenzione e si allontanò velocemente, riprendendo il suo attacco alla città.

    Isabel riaprì gli occhi e si ritrovò la sorella addosso che la fissava con uno sguardo vuoto, mentre un leggero sorriso, quasi forzato, appariva sul suo volto.
    < Ivy? Ivy cosa sta succ… Ivy! > fu in quel momento che se ne accorse: nell’usare il suo corpo come scudo, Ivy era finita contro di lei e contro le sue lame spezzate. Una di esse si era conficcata nel fianco della ragazza che con un briciolo di energia rotolò di lato, abbandonandosi a terra.
    < Oh mio Dio, Ivy, no! No, no, no, no > Isabel si avvicinò alla rossa e la aiutò a poggiare la schiena contro la parete: il sangue fuoriusciva copiosamente dal fianco, ma la ragazza presentava anche altre ferite alle gambe e alle braccia.

    La divisa era stracciata in più punti, i suoi capelli rossi erano impastati di terra e sangue e l’intera attrezzatura del 3D era andata distrutta nell’impatto col titano.
    < Isabel … stai… bene? > chiese la rossa, ansimando.
    < Perché l’hai fatto, Ivy? Perché? > sentì le lacrime bagnarle le guance impolverate.
    < Perché sei mia sorella… non basta? Tu… > non ultimò la frase, tossendo.
    < Stupida… stupida… stupida! > Isabel colpì con forza il terreno, continuando a piangere. Avrebbe accettato tutto, anche la morte, ma non questo.
    < Tu mi hai sempre protetta… sempre… per una volta volevo farlo io… > aggiunse la rossa, sorridendo lievemente.

    Quella frase le spezzò il cuore.
    < Non parlare Ivy, presto starai meglio, tranquilla… > nel dirlo posò le mani intorno alla lama conficcata per tentare di fermare il sangue, inutilmente.
    < Non serve Isa… > sussurrò l’altra, respirando sempre più lentamente.
    < Aiuto! Qualcuno ci aiuti! Maledizione, qualcuno ci aiuti! > urlò la mora, guardandosi intorno per vedere soltanto rovine e i giganti che continuavano ad avanzare.
    < Non pensavo che sarebbe finita così… > quella frase, la stessa frase pronunciata da Katryn, la fece sussultare.
    < Ivy, ti prego ascoltami, non parlare, risparmia le forze… presto arriveranno i soccorsi, presto… > troncò la frase, nel vedere la sorella in quelle condizioni.
    < Isa… lascia perdere. Non c’è più nulla che tu possa fare, lo sento. Ti prego, lasciami parlare… > Isabel stava per aprire bocca, ma si ammutolì, continuando a piangere in silenzio.
    < Mi dispiace… pensavo che saremmo state insieme tutta la vita, invece… > tossì di nuovo, questa volta sangue <… invece, avrei dovuto capire che non potevo più ambire a qualcosa del genere > la rossa alzò gli occhi al cielo, limpido come non mai.

    < E’ stato bello combattere al tuo fianco… >
    < Ti prego Ivy smettila, smettila! >
    < Devi farmi una promessa… > continuava ad ansimare.
    < Cosa?! >
    < Promettimi che continuerai a vivere, fino alla fine > disse la rossa alzando la mano destra con il mignolo allungato. Il gesto della promessa. Isabel osservò prima la mano e poi il volto della sorella segnato dal dolore, pallido, ma che ancora trasmetteva quella dolcezza tipica di Ivy.
    < Te lo prometto, sorellina > disse, con la voce rotta dal pianto, e strinse con il proprio mignolo quello della sorella che sorrise, il sorriso più bello che avesse mai visto.

    < Grazie, Isa… ti voglio bene… > una singola lacrima le rigò il viso.
    < Anch’io, Ivy, anch’io… > il mignolo della rossa scivolò dalla presa della ragazza, la mano si accasciò a terra con un tonfo sordo e i suoi occhi si socchiusero <… per sempre >.
    La mora sfilò la lama spezzata dal corpo della sorella e l’abbracciò, sentendo il calore che ormai l’abbandonava.
    Le sue lacrime si mescolarono al sangue di Ivy, mentre intorno a loro il mondo finiva, di nuovo.

    La strinse forte a sé, tremando, e sfiorò le sue labbra, ancora calde, con un bacio.
    < Ti prego… non lasciarmi… da sola… >
     
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  2. ¬Snøøpy˜
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    :ewrtgtgt: Ivy... :dsjkj:
     
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  3. Nikki_Kurenai
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    MA STIAMO SCHERZANDO?!
    Ivyyyyyy!!! Perché? çç
     
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2 replies since 8/9/2013, 16:28   153 views
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