Capitolo XII- Un fulmine a ciel sereno

Attack on Titan- Days from a Dramatic Past

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  1. °Forfeus°
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    CapitoloXII

    Un Fulmine a Ciel Sereno


    Zl5Wjtg



    < Via, via! > dopo quattro giorni di viaggio era andato tutto a puttane. Tutto.
    Perfino Vouber stentava ancora a crederci.
    < Muovete il culo se non volete essere calpestati… o peggio! > erano giunti messaggeri con notizie allarmanti: l’artiglieria a Litia era stata sbaragliata, altri due avamposti lungo la Calandrica avevano fatto la stessa fine e prima che se ne potessero rendere conto anche loro si erano ritrovati i giganti alle calcagna.
    < Squadra uno avanzate velocemente, dovete avvisare gli uomini al ponte Mandalor, sapete cosa dirgli! Squadra sei, proteggete la squadra uno ai lati! > si erano diretti verso l’ennesima foresta della regione per far perdere le proprie tracce, ma quei bestioni non volevano demordere in alcun modo.

    < Signore, abbiamo perso metà della squadra cinque! > quattro classe quindici, alcuni classe dieci e qualche classe sei gli davano la caccia quasi come se si fossero organizzati. Che diavolo stava succedendo?
    < Dom, quel classe dieci è troppo vicino, abbattilo! > esclamò Alan sfrecciando tra gli alberi con il dispositivo: quella foresta sembrava infinita, per ogni albero che si lasciavano alle spalle ne spuntavano altri quattro.
    < Ricevuto! > il giovane virò di colpo, dirigendosi verso il suo obiettivo, e con una manovra a parabola gli tranciò la nuca, facendolo rotolare a terra.

    Stavano fuggendo, questo era vero, ma lui e Alan avevano un vantaggio: tutti quei giganti, o almeno la maggior parte, erano troppo impegnati a d inseguire i soldati a cavallo per accorgersi di loro.
    < Ben fatto, ragazzo! > esordì Alan staccando la gamba destra di un classe sei, sibilando quasi rasoterra. Avevano il compito di fermare i giganti che si avvicinavano troppo alla retroguardia, per non subire altre perdite.
    < Avanzare, avanzare! Spronate quei cazzo di cavalli! > Vouber sembrava visibilmente alterato, ma come non biasimarlo: quell’attacco improvviso aveva mandato in fumo metà dei suoi piani, eppure affermava di avere un piano di riserva.

    Un classe quindici spuntò dal nulla alla sinistra del battaglione, sradicando alcuni alberi e investendo in pieno la squadra quattro, decimandola.
    < Mantenere la formazione, mantenere la formazione! > la voce di Vouber tuonava in mezzo alla foresta < Tenente, fermate quel bastardo! > i due membri della ricognizione saettarono verso il gigante che tentò di colpire entrambi con pugni che spezzavano rami e tronchi.

    Lo aggirarono, sfruttando la manovra incrociata e il gas, Alan gli lesionò il braccio sinistro e Dom la gamba opposta.
    Sfiorarono due alberi nello stesso momento, il tempo necessario a darsi una spinta, e scambiandosi le posizioni ripartirono all’attacco: in quell’istante il mostro riuscì ad afferrare uno dei cavi di Dom che, perso l’equilibrio, finì per urtare con violenza uno dei tronchi, restando però appeso grazie all’altro cavo.
    < Dom! Maledizione… > Alan sfrecciò verso il proprio compagno e tranciò l’enorme mano che stava per afferrarlo.
    < Dom, riprenditi! > sterzò bruscamente e roteando con velocità squarciò la spalla del gigante, mancando di poco il punto debole.
    Il mostro, rimasto senza gli arti superiori, spalancò le fauci per divorare il soldato semicosciente. Alan digrignò i denti.
    < Figlio di puttana! Non te lo permetterò! > urlò, azionando i cavi e portando il gas alla massima pressione, colpendo il bestione alla nuca con una violenza inaudita.
    Il gigante barcollò a sinistra per l’impatto, cadendo poco dopo in mezzo alla vegetazione.

    Nel frattempo il resto degli esseri era avanzato e la situazione stava degenerando.
    Sganciò i cavi, che si conficcarono nella corteccia dello stesso albero dal quale penzolava Dom, e si avvicinò al ragazzo:
    < Dom, Dom! Avanti ragazzo riprenditi! > il giovane non sembrava ferito in modo grave, ma la botta gli aveva fatto perdere i sensi.
    < Dom! > il corno riecheggiò, segno che ormai erano vicini al ponte < Cazzo… Dom risvegliati! > gli diede uno scappellotto e il giovane sembrò sussultare, aprendo gli occhi poco dopo:
    < C-cosa? > balbettò, ancora leggermente stordito.

    I giganti avanzavano, il battaglione continuava a subire perdite e il ponte era sempre più vicino.
    < Dobbiamo andarcene da qui, adesso! > il ragazzo annuì e ripresosi seguì il proprio comandante mentre sotto di loro quella fuga senza sosta proseguiva, lasciandosi alle spalle sempre più cadaveri e devastazione.

    Continuarono a librarsi tra un albero e l’altro, finché la foresta non iniziò a diradarsi, lasciando spazio alle rovine di una città separata da un enorme crepaccio.
    E proprio su quel crepaccio sorgeva il gigantesco ponte in pietra: Mandolar.

    < Ecco il ponte. Terzo battaglione, avanzare! > esclamò Vouber dall’avanguardia, facendo risuonare il corno ancora due volte e ricevendo una risposta dall’altra parte del ponte.
    Decine di soldati a cavallo sbucarono dai meandri della foresta, mentre Alan e Dom continuavano a sfrecciare in aria, sfruttando le rovine degli edifici come appigli per usare il dispositivo.
    Poco dopo anche i giganti uscirono da dietro le sagome degli alberi, nello stesso momento in cui Vouber attraversava l’enorme ponte, seguito dalla prima parte del battaglione.

    Le truppe dall’altra parte del crepaccio fecero esplodere alcuni colpi di cannone che impattarono contro due classe dieci, ma quei mostri non mostravano segni di cedimento, più decisi che mai.
    I due cacciatori di titani corsero sui parapetti del ponte, sfidando il vuoto sotto di loro, e attivando i cavi lo oltrepassarono, atterrando poco dopo sul tetto di un campanile in rovina.

    La retroguardia, con i giganti alle calcagna, stava per attraversare il ponte quando Vouber alzò la mano:
    < Pazzo sadico > sibilò Alan.
    < Non vorrà mica farlo? Ci sono ancora dei soldati laggiù! > Dom osservò sbigottito prima Vouber e poi il ponte. Alan rimase in silenzio e quel silenzio valeva più di qualsiasi risposta.
    < Signore aspetti! Ci sono ancora dei suoi uomini quaggiù. Generale non lo faccia! > urlò Ivan, il suo consigliere, anch’egli ancora sul ponte.
    Vouber chiuse il pugno, senza batter ciglio.
    < Fate brillare le cariche! > ordinò il soldato accanto al generale e poco dopo alcune esplosioni sconvolsero i pilastri di mandolar, che iniziarono a sgretolarsi.

    Urla di sgomento e terrore si innalzarono dalla retroguardia, mentre il ponte si inclinava a destra, crollando pezzo dopo pezzo.
    Presi dalla disperazione corsero per raggiungere l’altra sponda, ma altre esplosioni devastarono la struttura già compromessa e non appena i pilastri crollarono gemendo il ponte precipitò nel vuoto, trascinando con sé tutti i soldati e i giganti. Una nube di polvere e detriti investì tutti i presenti.
    < Qualcuno mi aiuti… > Ivan, ricoperto di tagli e sangue era ancora aggrappato ai resti del ponte e stava tentando di risalire quando fu afferrato da un classe quindici che poco dopo perse la presa, cadendo di sotto e portando con sé il soldato.
    Le urla di Ivan si persero ben presto nella voragine del crepaccio, seguite dalle ultime macerie che continuavano a colpire le pareti, generando echi e suoni cupi.

    Alan aveva ancora le orecchie che gli fischiavano quando lanciò uno sguardo tagliente a Vouber che si trovava a qualche metro dalla chiesa in rovina.
    Il resto dei soldati presenti non osava nemmeno fiatare: avevano visto morire i propri compagni insieme ai giganti, per un ordine diretto di quell’uomo, ordine dato con una freddezza unica.

    Solo uno di loro, superato lo shock iniziale si scagliò contro il generale urlando come un forsennato:
    < Lì c’era mio fratello, come hai potuto fare una cosa del genere?! Maledetto bastardo! > aveva esclamato estraendo la propria spada d’ordinanza, ma ritrovandosi ben presto una pallottola in mezzo agli occhi. Pallottola uscita dalla pistola ancora fumante di Vouber:
    < Qualcun altro ha delle obiezioni da fare a riguardo di quello che è appena successo? > il silenzio più totale, un silenzio però che trasudava tensione da tutti i pori.
    Dom lanciò un’occhiata ad Alan che ricambiò scuotendo la testa e riponendo le lame a posto, quel semplice gesto era un chiaro “ Lascia stare, vediamo cosa succede”. Dall’altra parte del crepaccio i giganti sopravvissuti si erano fermati, allungando le braccia come se avessero potuto afferrare gli uomini.

    La maschera insensibile di Vouber ben presto si trasformò in un volto carico di rabbia e determinazione, la sua vera espressione :
    < Siete soldati! Soldati, dannazione! Dal preciso momento in cui avete deciso di entrare nell’esercito di Aurora, dal preciso momento in cui avete indossato queste uniformi avete accettato di fare qualsiasi cosa per il bene della vostra nazione! Bene, anche quello che ho appena fatto era per il bene di Aurora! Siamo in guerra, e in guerra la gente muore. Non avranno pietà e noi non possiamo averne per noi stessi… se non siete capaci di accettare così tanti sacrifici, allora abbandonate le armi e aspettate in silenzio la morte, una morte da vigliacchi. Che cosa rispondete?! > tutti i soldati presenti scattarono nel saluto militare, sguainando le spade o imbracciando i fucili e le lunghe lance.
    Vouber sorrise soddisfatto, la disciplina militare non falliva mai, e quella era l’ennesima dimostrazione.



    L’aria improvvisamente sembrò caricarsi di energia, anche quella leggera brezza di vento sembrava essersi fermata di blocco e ogni singolo rumore nel giro di chilometri era scomparso come inghiottito dal silenzio. Perfino i giganti avevano smesso di mugugnare e di agitarsi, quasi avessero percepito anche loro che stava per succedere qualcosa.

    In quel momento un fulmine color cremisi squarciò il cielo sereno, precipitando dietro la foresta e scatenando una forte esplosione, seguita da lampi accecanti che per alcuni secondi impedirono a chiunque di guardare in quella direzione.

    L’eco del fulmine giunse fino alle orecchie dei soldati che fissarono quello strano evento con sguardi confusi, ponendosi tutti la stessa domanda: cosa era appena successo?
    Anche Vouber arretrò di qualche passo, senza staccare gli occhi dal punto in cui era precipitato il fulmine, sembrava interessato a quello strano evento.
    < Che cosa è stato? > chiese un soldato terrorizzato.
    < Qualcosa è caduto ai confini con la foresta > rispose un altro.
    < E’ stato un fulmine! > lo corresse un altro ancora.
    < I fulmini non cadono a caso con un cielo senza nubi, deve essere qualcos’altro! > esclamò un quarto con la voce che gli tremava.

    Un vocifero si alzò ben presto dalla moltitudine di soldati accanto alle rovine del ponte Mandalor, mentre in lontananza stormi di uccelli abbandonavano i propri nidi nella foresta, fuggendo da qualcosa che li aveva terrorizzati.
    < Secondo te che cos’era? > domandò Dom, che ormai tastava quasi con mano quella tensione che alleggiava pesantemente sui presenti. Alan non rispose, sembrava sovrappensiero.

    Qualcosa si innalzò da dove era caduto il fulmine, dirigendosi verso di loro: era un albero, un albero con tutte le radici che sfrecciava a gran velocità verso i soldati. Quando tutti riuscirono a distinguerlo e a riprendersi da quello stupore era troppo tardi: l’albero precipitò, schiacciando in pieno tre soldati e trascinandone altri due in un mortale vortice che si concluse contro le macerie di una casa.

    I presenti fissarono increduli i resti dei propri compagni, mente una paura invisibile cominciava ad insinuarsi nelle loro armature, puntando direttamente al loro cuore.
    Gli uccelli continuavano a fuggire dalla foresta, mentre l’eco di alberi sradicati risuonava nelle orecchie dei soldati, se non nella loro stessa anima.

    < Alan che cos’è? > chiese nuovamente Dom vedendo che il tenente continuava a tenere fermo lo sguardo in quel punto, uno sguardo non stupito ma di chi ricorda qualcosa di doloroso, che avrebbe voluto dimenticare.
    Un ruggito famelico riecheggiò per tutta al zona, facendo tremare leggermente il campanile in rovina.
    In quel momento Alan si volse verso il ragazzo, sguainando entrambe le spade:

    < Non è la prima volta che vedo quel fulmine... >

    Edited by °Forfeus° - 24/9/2013, 21:06
     
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