Capitolo XIV- La rabbia il Berserker

Attack on Titan- Days from a Dramatic Past

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. °Forfeus°
        +4   Like  
     
    .

    User deleted


    Capitolo XIV

    La rabbia del Berserker


    Zl5Wjtg


    Un quarto di quella dannata foresta gli era piovuto addosso, come la pioggia infuocata durante un assedio, falciando quei poveri soldati che non avevano avuto i riflessi pronti.
    Vouber non si era mosso di un centimetro, neanche quando uno di quegli alberi si era schiantato a mezzo metro dalla sua posizione, prendendo in pieno un suo sottoposto.
    Anzi, con estrema determinazione aveva fatto avanzare i cannoni in prima linea, facendo sparpagliare il resto delle truppe tra le rovine della cittadina.

    Alan fissava inquieto gli alberi che si accasciavano uno dopo l’altro, tracciando con la loro il sentiero del nuovo avversario. Era vicino.
    Quel fulmine, quel maledetto fulmine: l’ultima volta che era caduto dal cielo, senza alcun preavviso, aveva visto metà plotone beta spazzato via da un singolo titano che, proprio come Banshee, sembrava ragionare con la propria testa, dimostrandosi più pericoloso di quanto già non fosse.

    Al pensiero di tutti quei soldati scelti morti, sentì montare la rabbia e strinse con forza l’impugnatura delle spade.
    < Comandante, qualunque cosa sia non può raggiungerci da questa parte, vero? Il ponte è crollato ed era l’unico modo d’attraversare il crepaccio > Dom, aggrappato alla croce sul tetto del campanile, sembrava aver fatto quel breve discorso più per rassicurare se stesso che per ottenere davvero una risposta.
    < Non ne sono più tanto sicuro… > rispose Alan, senza distogliere lo sguardo dalla foresta, ormai mancava poco.

    Il mormorio di dubbi e timori, scatenato da quell’evento così fuori dal comune, aveva ben presto ceduto il posto ad un silenzio surreale, interrotto solo a tratti dall’ennesimo albero che precipitava, abbattuto da quell’essere che avanzava, passo dopo passo, verso di loro.

    Quella strana inquietudine continuava ad ammorbare la mente di Alan, come una sorta di monito, e non riusciva a capirne il perché, ma si stava accentuando, secondo dopo secondo.
    Alcuni soldati inizialmente arretrarono con un’espressione di puro terrore dipinta sul volto per poi correre a perdifiato urlando, presi dal panico, abbandonando le armi a terra e cercando scampo con chissà quale misera idea di salvezza.

    Vouber li fissò con disprezzo:
    < Codardi > sibilò. Non c’era nemmeno bisogno di farli fuori, vigliacchi come erano avrebbero fatto presto una brutta fine. Odiava quel genere di persone, la feccia dell’umanità, e avrebbe volentieri posto fine alle loro sofferenze con le proprie mani, ma la sua attenzione in quel momento era completamente rivolta a quella “cosa” nella foresta.

    [ FINE OST]





    < Ci siamo > sentenziò Alan e proprio in quel momento gli ultimi alberi, al margine della foresta, furono spazzati via con una violenza immane, spezzandosi e rotolando a terra come bastoncini di legno.
    Era lì, proprio di fronte a loro, un gigante alto almeno venti metri, dalla corporatura più robusta di qualsiasi altro titano avessero mai incontrato, dagli occhi rossi come il sangue identici a quelli di banshee e dai capelli corti corvini.

    I suoi muscoli erano tutti tesi all’inverosimile mentre trasportava un enorme masso di granito scuro e la carnagione a tratti grigiastra sembrava riflettersi su quella massa informe di roccia grande quanto una parte del ponte Mandalor.
    Tutti i presenti fissarono increduli la creatura, che noncurante di tutti quegli sguardi, continuava ad avanzare, facendo tremare la terra ad ogni suo passo a causa della mole dell’oggetto che stava trasportando.

    Gli occhi sgranati di tutti i soldati parlavano già da soli: nessuno di loro riusciva a credere a quello che stavano vedendo, la paura già faceva sentire il suo richiamo, freddo, insistente ed opprimente.
    Perfino Alan era rimasto bloccato:
    < No… non può essere… > balbettò, mordendosi le labbra con forza.
    < Che diavolo è?! > Dom osservava allibito quel titano anomalo e sentiva dentro di sé un terrore che non aveva provato nemmeno quando si erano ritrovati davanti Banshee.
    < Dobbiamo andarcene… dobbiamo andarcene! > urlò il tenente, rivolgendosi al generale ma quest’ultimo sembrò ignorarlo.
    < Fate fuoco con i cannoni, colpi telo alle gambe! > ordinò Vouber con una freddezza inumana e i soldati, inizialmente confusi, eseguirono, puntando i pezzi d’artiglieria contro l’enorme titano che si avvicinava sempre di più al crepaccio.

    Altri soldati abbandonarono la propria posizione in preda ad urla di disperazione, mentre l’ombra del gigante iniziava ad allungarsi sulle rovine della città e sulla guarnigione umana.
    Le bocche di fuoco rilasciarono con sibili e boati la loro scarica di morte, che in pochi attimi si riversò sul mostro con una devastante precisione: colonne di fumo nero si innalzarono dal punto d’impatto e la terra tremò ancora una volta con frammenti di terra e roccia che precipitavano a destra e a manca.

    Per alcuni istanti il silenzio calò di nuovo nefasto sui resti della cittadina, inglobando dentro di sé quella frivola traccia di speranza nei cuori dei soldati, speranza che scomparve non appena il fumo iniziò a diradarsi.
    < Vouber, dannazione, dobbiamo andarcene! > La voce di Alan riecheggiò di nuovo e molti degli uomini alzarono i loro sguardi, rivolgendoli all’uomo in cima al campanile.
    < E perché mai, tenente? > chiese con nonchalance il generale, come se si fossero trovati seduti uno di fronte all’altro a bere un bicchiere di vino.
    < Il masso… vuole usare il masso! > esclamò, agitando le spade verso il punto in cui il titano era stato colpito: i crateri ancora fumanti delle palle di cannone lo circondavano, ma l’essere non mostrava alcuna ferita, neanche un misero graffio o bruciatura.

    A quella vista, perfino gli artiglieri che fino a poco prima stavano sobriamente esultando per l’ottimo colpo cominciarono ad indietreggiare con gli occhi colmi di paura e confusione.
    Un’incredulità bruciante, scatenata da quello strano strato di ghiaccio apparso sulle gambe del titano, il quale sembrava aver attutito il colpo dei cannoni.
    < Che state aspettando? Fate fuoco di nuovo, non permettetegli di avanzare! > tuonò il generale ma era troppo tardi: il titano urlò furibondo e con uno scatto che avrebbe fatto spezzare i legamenti delle gambe a qualsiasi altro essere vivente, sostenuto da uno sforzo immane, si spinse in avanti, facendo calare l’enorme masso sui resti del ponte Mandalor come una sentenza di morte.

    Il blocco di granito precipitò con un tonfo sordo che riecheggiò in tutta la zona, facendo sgretolare i poveri resti della struttura e generando crepe su crepe tutt’intorno: alcuni frammenti schizzarono letteralmente via all’impatto e uno di essi colpì in pieno il campanile sul quale si trovavano Alan e Dom, sfondandolo.
    Il giovane non riuscì ad attivare in tempo il sistema di manovra, colto alla sprovvista, ma prima di cadere tra le macerie della torre fu afferrato dal tenente: i cavi tentennarono per il troppo peso e virando bruscamente entrambi furono scaraventati sul tetto dell’edificio vicino.

    Alan, a causa di quella manovra azzardata ma necessaria, si ritrovò con l’omero fuori dalla spalla, ed urlando di dolore si trascinò fino alla parte alta del tetto, dal quale si vedeva il punto in cui era caduto il masso: gli artiglieri era stati investiti dai frammenti del macigno e altri ancora erano precipitati nel crepaccio insieme ai cannoni a causa del terreno reso instabile dall’impatto.

    Un disastro, un completo disastro.
    Strinse i denti per resistere a quel dolore indescrivibile e raccogliendo tutto il fiato che aveva nei polmoni urlò a squarciagola:
    < Andate via! Ritirata, ritirata! > i soldati rimasti pietrificati, come se avessero appena sentito la voce della ragione, intrapresero la ritirata, allontanandosi il più velocemente possibile da quell’incubo.
    Vouber era rimasto impassibile, pieno di polvere e ferito ad una guancia, osservava senza alcuna emozione il titano che attraversava quel masso di granito come se fosse stato un ponte, arrivando ben presto ad attaccare i soldati che non si erano allontanati in tempo o che erano sopravvissuti ai frammenti di roccia.

    Il gigante schiacciò con i pugni tre alabardieri, calpestandone altri due con la gamba destra, mentre alcuni artiglieri tentavano di ricaricare un cannone per soccorrere i propri compagni, facendo la loro stessa fine poco dopo.
    Quell’essere sembrava una furia implacabile e il sacrificio dei soldati periti nel crollo del ponte era già diventato inutile ai fini di guadagnare tempo e di fermare i giganti su quel fronte.
    Il battaglione era in rotta, la prima fila dell’artiglieria era andata e quel titano anomalo stava disseminando la morte nei pressi del ponte , radendo al suolo le rovine ammuffite della città.

    Alan si accorse che Dom giaceva a qualche metro da lui: il ragazzo aveva un braccio lacerato e le tegole insanguinate accanto a lui dimostravano che si era ferito nella caduta, ma nonostante ciò era ancora tutto d’un pezzo.
    < Dovresti smetterla di salvarmi la vita > sussurrò il giovane, tentando di fermare l’emorragia con la mano.
    < E tu dovresti smetterla di cacciarti nei guai… > rispose Alan che, con un colpo secco rimise a posto il braccio e per poco non perse i sensi < … se quel bastardo mi avesse ascoltato… beh… ora non ci ritroveremmo in questa situazione del cazzo > aggiunse, ansimando pesantemente.

    In quelle condizioni non potevano muoversi facilmente e ben presto l’ombra del titano li oscurò entrambi.
    < Non pensavo sarebbe finita così… > disse Dom, sorridendo beffardo e socchiudendo gli occhi mentre il sangue continuava a fuoriuscire seppur lentamente.
    < Non finirà così > sentenziò il tenente rialzandosi a fatica, pronto a contrastare quel mostro alto venti metri con tutte le sue forze.
    Il titano stava per scagliare il suo primo attacco quando all’improvviso qualcosa sfrecciò davanti ai suoi occhi, poi ancora, e ancora.

    Accanto alle sue braccia, al torace e perfino alla testa. Incurante aprì la mano per afferrare Alan, ma l’ennesima figura che sfrecciò davanti a lui gli tranciò l’indice e il pollice, schizzando via e seguendo gli altri.
    L’essere furioso urlò di rabbia e stringendo la mano ferita inseguì i suoi aggressori, abbandonando Alan che era tornato a massaggiarsi la spalla dolorante e Dom che lo fissava più confuso di prima.
    Altre tre figure saettarono davanti ai loro occhi facendo vibrare i cavi d’acciaio e una di loro, invece di proseguire verso il titano, si fermò proprio sul tetto dove si trovavano i due soldati, mentre gli altri giganti iniziavano strisciare sul granito per attraversare il crepaccio.

    Alan fissò incredulo l’uomo che si era fermato accanto a lui: indossa la divisa del corpo di ricognizione, il mantello ed era equipaggiato con un sistema di manovra tridimensionale, ma c’era qualcosa di diverso.
    Una maschera, portava una maschera bianca sul volto, contraddistinta da alcune linee colorate intorno agli occhi e alla bocca.

    L’incappucciato si volse verso il tenente, e quest’ultimo sentì due occhi ambra che lo fissavano con freddezza attraverso i fori della maschera.
    < Una linea per ogni grado che otteniamo… > disse Alan come se si fosse ricordato qualcosa che credeva di aver dimenticato.
    < Ed un grado per ogni pezzo d’umanità che smarriamo… > rispose l’altro poco dopo.

    L’uomo si avvicinò ancora di più e puntò una delle lame contro il collo del comandante dei delta.
    < Non dovresti fare l’eroe… fratellino >
     
    .
0 replies since 4/10/2013, 21:20   95 views
  Share  
.