Capitolo XVI- Il Nemico del mio nemico

Attack on Titan- Days from a Dramatic Past

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    Capitolo XVI

    Il Nemico del mio Nemico


    L82DNdR



    < Lorence… > nel suo tono di voce c’era incredulità mista a confusione e disprezzo.
    < Fratellino > rispose con un ghigno l’uomo mascherato.
    < Che diavolo ci fai qui? >
    < Potrei farti la stessa domanda, non credi? > Dom osservava quella scena con gli occhi sgranati: nemmeno lui era riuscito ancora a capacitarsi di ciò che stava accadendo.
    < Rispondimi! > Alan sembrava avere i nervi a fior di pelle, ma l’altro uomo si ostinava a puntargli contro la spada nonostante intorno a loro ci fosse il finimondo.
    < Mi sembra ovvio: sono venuto a salvarti quella pellaccia che ti ritrovi addosso. Dopotutto, solo io posso spedirti all’altro mondo, fratellino. Te lo ricordi? Di certo non sarà un titano del cazzo a privarmi di questa soddisfazione > Lorence avvicinò ancora di più la lama al collo del tenente tanto da ferirlo lievemente.

    Alan arretrò di scatto, mordendosi le labbra: non bastava il ponte esploso, quel titano anomalo che stava seminando la morte più del cupo mietitore e il resto dei giganti che stavano banchettando tra le rovine della città.
    No, ora era spuntato anche quello psicopatico di suo fratello e i suoi, tanto famosi quanto temuti, Sigma.
    Dom lo stava fissando con uno sguardo dubbioso e incredulo, stava aspettando delle spiegazioni, ma in quella situazione non poteva limitarsi a rispondere.
    < Sul serio, Alan, come ti sei ridotto? Accasciato sul tetto di una casa in rovina, malridotto come se fossi caduto dalle scale… oh, aspetta, ora mi faccio due risate > l’uomo mascherato si volse verso Dom e riponendo la lama sinistra nel fodero lo afferrò per la divisa, riuscendolo ad alzare con una mano sola. Si ricordava che i Sigma possedevano una forza fuori dal comune, grazie ad uno speciale addestramento, ma quello andava oltre la mera follia.

    Il giovane si dimenò, tentando di liberarsi, ma la caduta e la ferita al braccio lo avevano debilitato e fu tutto vano: era alla mercé del soldato mascherato.
    < Lascialo andare! > urlò Alan, mentre la terra tremava nuovamente sotto i colpi del titano berserker, impegnato a difendersi dai soldati della squadra Sigma.
    < Tsk… e questo sarebbe un membro della tua squadra? Questo ragazzino? Guardalo, non riesce nemmeno a liberarsi, figuriamoci a combattere e sconfiggere un qualsiasi gigante. Mi deludi, Alan, pensavo scegliessi con più parsimonia i tuoi uomini > Lorence dimostrava una freddezza unica nel suo genere: era spuntato dal nulla, aveva sguinzagliato i suoi uomini contro il titano anomalo e con nonchalance ora si stava prendendo gioco di Dom e di suo fratello come se niente fosse.
    < Se non fossi ferito… ti farei vedere io chi non è capace di… di difendersi da solo > balbettò Dom, sentendo che il sangue gli aveva inzuppato la manica della divisa.
    < Patetico > sentenziò il capo dei Sigma, allentando la presa e lasciando cadere il ragazzo a terra come un sacco di patate. Il giovane urlò quando il braccio ferito urtò contro le tegole della casa e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

    Alan si rialzò di scatto e puntò le sue spade contro il fratello minore, ansimando ancora per le fitte di dolore che aveva alla spalla e tenendo l’occhio destro socchiuso.
    < Ecco il mio fratellino! Arzillo e tenace proprio come me lo ricordavo > disse Lorence, sentendo la punta della spada che gli sfiorava la spalla sinistra, e rise di buon gusto.
    < Beh? Che cosa stai aspettando, Alan? Mi hai in pugno, uccidimi, no? Uccidimi! > la sua risata si fece più intensa mentre un classe dieci si accasciava a qualche metro di distanza da loro, abbattuto con estrema precisione da uno dei sigma. Il tenente emise un profondo sospiro e abbassò la lama sotto lo sguardo stupito di Dom.
    < Io non so come te, Lorence, e non lo sarò mai. Ora, sparisci dalla mia vista > sibilò Alan, avvicinandosi al ragazzo per sincerarsi delle sue condizioni.



    Lorence continuò a ridere, scuotendo la testa:
    < Non cambierai mai, vero? Forse era per questo che mamma preferiva te, forse non avrei dovuto ucciderla. Comunque sia, goditi pure la tua bontà e le altre stronzate che ti porti dietro, io ho dei titani da far fuori a differenza tua > estrasse la lama destra con uno scatto felino e impugnandole entrambe si volse verso la zona della città in cui si stavano svolgendo gli scontri .
    < Ah dimenticavo, guardati le spalle, fratellino, guardati le spalle > detto ciò attivò i cavi e il gas all’unisono e sfrecciò via, sparendo così come era apparso.

    […]


    < Davvero quel matto è tuo fratello? > chiese Dom, mentre Alan gli fasciava il braccio con alcune bende che portava sempre con sé.
    < Purtroppo sì… mio fratello minore per essere precisi ed è più suonato di una campana > rispose l’uomo, guardandosi intorno per assicurarsi che nessun gigante li avesse notati. Non erano ancora in grado di combattere o perlomeno difendersi.
    < E perché vuole farti fuori? Non ha senso! >
    < Vecchia storia, ti basti sapere che non l’hanno spedito davanti alla corte marziale solo perché è davvero un ottimo soldato quando non dà i numeri > finita la fasciatura provvisoria il tenente si massaggiò la spalla ancora dolorante.
    < E questi sigma chi sono? Un’altra squadra del corpo di ricognizione? Sembrano diversi… > la curiosità di Dom veniva fuori nei momenti meno opportuni, ma il ragazzo aveva diritto di sapere.
    < Più o meno. Sono una sorta di corpo speciale e quelle maschere sono il loro marchio di riconoscimento. Non hanno nulla di umano se non l’aspetto fisico. Hanno rinunciato alla loro umanità per dare la caccia ai titani, con ogni mezzo, lecito o meno che sia > il suo sguardo si spinse in lontananza, dove lo scontro infuriava.
    < In che senso? > immaginando già la risposta, Dom deglutì.
    < Non hanno patria, né fazione. Non hanno un cuore e non conoscono la pietà. Ma soprattutto, se devo far fuori uno o più esseri umani per uccidere un titano… beh… lo fanno >
    < Mio Dio… >
    < Callaghan! > la voce di Vouber giunse dalla strada sotto di loro.
    < La ascolto, generale > rispose con tranquillità il tenente.
    < Vieni a darmi una mano, ho una gamba incastrata nelle macerie e i titani si stanno avvicinando. Dobbiamo andarcene di qui! >
    < Sentito, Dom? Il lupo grosso e cattivo ha bisogno di una mano. Vado io, tu resta qui. Presto ci lasceremo questo posto alle spalle > concluse e sfruttando uno dei cavi si calò dall’edificio per raggiungere il generale.


    […]


    < Asso, Jak, eliminate quei tre giganti alla mia sinistra > i due soldati si discostarono dal piccolo gruppo, puntando direttamente gli ostili.
    < Luna, Eclissi, voi due invece tornate a dare una mano al resto del gruppo contro il Berserker. Tenetelo a bada, non uccidetelo, ma soprattutto non fatevi uccidere! > ordinò, facendo fuoriuscire ancora più gas per aumentare la propria velocità.
    < Aye Aye! > esclamarono all’unisono le due soldatesse e scomparvero dalla sua vista, dirigendosi verso le rovine del ponte dove il Berserker, praticamente circondato, stava tentando in ogni modo di eliminare i membri della squadra Sigma, riuscendo soltanto a schiacciare i soldati del battaglione di Vouber che gli capitavano a tiro.


    Lorence si lasciò librare in aria per alcuni secondi, per poi cadere a peso morto verso il basso, tranciando prima il collo di un classe sei e successivamente le gambe di un artigliere che fu poco dopo schiacciato da un classe dieci che stava inseguendo il comandante dei sigma.
    Scivolò sulla parete di una vecchia bottega diroccata e svoltò a destra, facendo tentennare i cavi in modo inverosimile, arrivando a roteare su se stesso per sfilacciare i legamenti delle gambe di un classe quindici e successivamente aprirgli la schiena in due.

    Una macchina di guerra, assetata di sangue, pronta a sacrificare chiunque pur di raggiungere i propri scopi, pronta a guardare negli occhi chi moriva lentamente con le sue spade nel ventre.
    < Fulmine, tuono! > esclamò, correndo sulla parete di una palazzina semidistrutta, mentre i cavi si staccavano e si conficcavano tra un muro e l’altro di secondo in secondo, quasi avessero vita propria < Raggiungete il resto del gruppo e portate qui i cavalli. Questi inetti hanno bisogno di una mano, almeno quelli che possono esserci utili! > i due soldati che poco prima stavano eseguendo una manovra incrociata contro un classe quindici, eludendo gli attacchi del gigante, atterrarono su di un tetto per poi correre a perdifiato verso i limiti della cittadina, saltando di casa in casa sfruttando il 3D.

    Rilasciato l’ennesimo ordine si accorse di essere ancora inseguito da quel classe dieci alquanto determinato e schivando all’ultimo secondo un ponte che collegava due edifici, scivolò rasoterra fino a raggiungere un alabardiere che stava correndo con il terrore stampato sul volto: lo colpì con il gomito al collo e l’uomo stramazzò a terra urlando di dolore.
    Il gigante vedendo il soldato inerme davanti a sé si inginocchiò per divorarlo e, mentre il pover’uomo finiva tra le fauci del mostro, Lorence scattò all’attacco lanciandosi direttamente dal ponte evitato poco prima, calando sul titano come una ghigliottina e facendo schizzare il sangue dell’essere su entrambi i lati della strada.
    Il soldato, ridotto a metà ma ancora vivo, si stava trascinando sulle rocce smussate del viale quando l’uomo mascherato atterrò su di lui, spezzandogli di netto il collo.
    Non c’era posto in quel mondo per i deboli, per i parassiti e per quelli come lui.

    Senza degnarlo di un altro sguardo ripartì sganciando i cavi contro il campanile di una chiesa e lanciandosi dal basso verso l’alto come una sorta di catapulta umana, volteggiando sopra le teste incredule dei soldati ancora vivi e di alcuni giganti che tentarono di afferrarlo inutilmente.
    Fece scattare prima il cavo destro, inclinandosi per sfruttare ancor di più la velocità, poi quello sinistro, azionando il gas per correggere la traiettoria che stava seguendo, puntando direttamente al titano berserker, ad un centinaio di metri da lui.

    L’essere sovrastava tutti gli edifici distrutti della cittadina con la sua figura colossale e possente, circondato dagli uomini dei Sigma che continuavano a volteggiargli intorno, schivando i suoi attacchi e contrattaccando allo stesso, ottenendo scarsi risultati a causa della sua abilità nell’indurire la pelle per proteggersi dalle affilate lame d’acciaio. Quello scontro sarebbe potuto andare avanti per ore, anche se il mostro era riuscito a far fuori ben due uomini dei sigma, ma ben presto Lorence vi avrebbe posto la parola “fine”.

    < Fermate l’attacco! > ordinò, da un’altezza vertiginosa, e mentre i suoi uomini obbedivano allontanandosi dal titano, lui spinse il gas al limite e lanciò i cavi proprio in faccia al mostro, conficcando entrambe le lame nel suo occhio sinistro e restando aggrappato lì.

    < Non ti farò fuori adesso, Donovan, anche se potrei… perciò, porta il tuo culo lontano da qui > sibilò, rivolto al titano, che sgranò l’occhio ancora sano e quasi fosse stato un automa si allontanò di fretta non appena il comandante si staccò dal suo occhio malridotto, atterrando su una torre lì vicino.
    Il titano berserker, passo dopo passo, attraversò lo stesso ponte che aveva costruito poco prima, lasciandosi alle spalle gli altri titani, la città in rovina, la squadra sigma e il suo comandante.

    Lorence osservò l’enorme figura che si rimpiccioliva man mano che si allontanava e sorrise beffardo:
    < Ci rivediamo ad Aurora… bastardo >
     
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