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La demagogia populistica italiana
(Giorgio Gaber)
Sulla base della concezione naturalistica e meccanicistica che, come detto nella prima parte, investe tutta la realtà umana, Hobbes riprende la teoria del contrattualismo sociale per spiegare sia l'origine dello stato, sia le norme che ne favoriscono il funzionamento. riprendendo le teoria del giusnaturalismo, Hobbes considera anche lui lo stato di natura come una condizione di aggressività permanente tra gli uomini ("bellum omnium contra omnes = guerra di tutti contro tutti"), in cui ogni uomo, secondo il celebre detto del filosofo latino Plauto, è lupo per ogni altro uomo: ciascuno è "homo homini lupus". E' una condizione di costante aggressione e di paura: infatti mentra, da una parte, l'uomo è portato a nuocere al suo simile, seguendo il proprio istinto aggressivo, dall'altra parte è succube di una condizione di terrore, cioè dalla paura di restare, a sua volta, vittima dell'altrui spirito aggressivo. Questa condizione di guerra permanente tra gli uomini può aver termine solo con la costituzione dello stato. Lo stato civile nasce, quindi, per Hobbes, dalla necessità di superare la condizione di guerra permanente dello stato naturale, impedendo e reprimendo il ricorso alla violenza individuale. Mentre lo stato di natura è una condizione di istintività, lo stato civile è un'opera della ragione, ed è l'antitesi di uno stato di natura. Per raggiungere la pace, gli uomini si dispongono a rinunciare alle leggi di natura che mancano di garanzia contro i violenti nonché di un'autorità che le renda esecutive, per cui, stipulando il patto, rinunciano a tutto. Lo stato che sorge conseguentemente, comporta quindi la rinuncia di tutti a tutto e un reciproco rispetto del patto, ma si rende necessario pure creare un entità superiore che garantisca l'osservanza del patto stesso. Ecco allora la necessità che ognuno, abdicando alla propria libertà individuale, renda possibile il potere di un sovrano che, garantendo l'osservanza del patto, assicuri ad ognuno la vita e il godimento dei beni. Tale sovrano deve, però, rimanere estraneo al patto: egli conserva tutti i poteri e, sostanzialmente, non ottiene nulla che già non abbia. Effettivamente mantiene il suo diritto su tutti. Ciò legittima l'assolutismo monarchico e, sulla base del principio contrattualistico, esclude qualsiasi legittimazione di origine divina da parte dello stato e del sovrano. Il patto che da origine allo stato civile non può essere revocato perché, come sostiene Hobbes, per revocare il patto stipulato occorrerebbe il consenso di tutti i contraenti, compreso colui al quale è deferito l'uso del potere, il che diventa pressoché irrealizzabile. Le esigenze di sicurezza e di pacifica convivenza spingono gli uomini a stipulare il patto sociale, rimettendo ad un sovrano quella parte di libertà a cui essi rinunciano: nasce così la suprema autorità dello stato, rappresentata dal sovrano, autorità che lo stato, una volta costituito, esercita sui suoi sudditi in modo esclusivo, senza condizionamenti né condivisioni con altre forze come ad esempio la chiesa. Il potere politico per Hobbes deve essere assoluto: o chi comanda ha in sé tutto il potere, e allora lo stato esiste, oppure i poteri sono divisi, e allora lo stato non esiste, essendoci al suo posto l'anarchia. Il popolo italiano è da sempre stato oggetto di critiche tanto esterne quanto, soprattutto, interne. Questo innegabile fatto è semplicemente dovuto a null’altro che ad una radicata tendenza del nostro popolo che consta in un inattaccabile e quasi totalitario disinteresse, da parte di tutte le classi sociali, nei confronti delle condizioni socio-economiche dei propri concittadini. Attualmente il nostro paese sta vivendo una difficile e difficilmente superabile crisi tanto economica quanto sociale; in parte certamente dovuta ad un sistema bancario e monetario capace di sfiorare l’autocrazia; ma altrettanto ad un grande problematicismo ormai attecchito nel pensiero degli italiani come un’erbaccia difficilmente estirpabile. Questo controproducente modus ponens divenne già il centro di una accanita satira negli anni novanta, gli anni in cui il grande Giorgio Gaber prese di mira proprio questa demagogia polemica che aveva colpito già da tempo sia la classe politica che il popolo. La satira di Gaber raggiunse il culmine del suo climax nella canzone “Io non mi sento italiano” che venne pubblicata nel 2003 (poco dopo la sua morte) nella quale palesò questa tipicamente italiana tendenza con i versi “persino in parlamento c’è un’aria incandescente, si scannano su tutto, e poi non cambia niente” [cit. Io non mi sento italiano, Giorgio Gaber, 2003]. Volendo essere pragmatici, il fulcro del problema che affligge il nostro paese è proprio questo: una innaturale e populistica tendenza a polemizzare su qualsiasi proposta senza controproporne una migliore. Dal lato del popolo questa sopracitata corrente tende a sfociare in una accanita critica politica, spesso fatta senza essere in possesso delle corrette informazioni. Lampante dimostrazione ne è l’attuale critica mossa nei confronti del Premier Matteo Renzi, così come, se pur solo in parte, quella passata contro l’ex cavaliere Silvio Berlusconi; polemiche fatte su basi decisamente più personali e private che politiche e sociali. Quello italiano è un popolo ideologicamente portato al mancato superamento di una crisi come quella attuale, proprio per il suo insito interesse al perseguimento del mero particulare personale, come sostenuto nel sedicesimo secolo dal filosofo, scrittore e politico italiano Francesco Guicciardini. All’interno del saggio “Manifesto capitalista. Una rivoluzione liberale contro un’economia corrotta” scritto da Luigi Zingales, viene argomentato come la crisi che ha colpito un gran numero di paesi nel mondo benché ardua sia superabile da paesi, come gli Stati Uniti, che hanno insiti nel loro DNA “i geni per intraprendere una riforma” [cit.] mettendoli poi in antitesi con altri scrivendo: “a differenza di altri Paesi in cui il populismo è sinonimo di demagogia e di dittature autocratiche” [cit.]. Sicuramente e fortunatamente la dittatura autocratica non rispecchia il caso dell’Italia, ma al contrario la demagogia sì; quello italiano è un popolo che sostiene continue differenziazioni tra le medesime azioni se compiute da diversi individui, che polemizza su qualsiasi scelta politica solo in quanto tale e che si occupa solo del perseguimento del fine personale e non di quello collettivo; in questo modo la crisi tanto temuta e odiata non avrà mai una fine se non con il crollo di tutte le istituzioni e dell’economia; ma in tal caso non sarebbe che l’inizio di una nuova conduzione del popolo stesso al medesimo risultato.SPOILER (clicca per visualizzare)@World Archive | RIPRODUZIONE RISERVATA ©. -
W.K.Heisenberg.
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Non credo ci sia molto da dibattere sul tema, tolta la parte introduttiva che è più che altro una presentazione delle teorie politiche di Hobbes, sono d'accordo con le tue considerazioni nel complesso: demagogia populistica, populismo demagogico, idealismo fine a se stesso, sono tutte caratteristiche peculiari dell'elettorato, e più in generale della società italiana. Questi sono fattori che poi concorrono alla formazione di una classe dirigente che riflette pecche e criticità della società intera, il tutto amplificato ovviamente dal clamore dovuto all'esposizione pubblica e mediatica dei rappresentanti. La chiave di tutto però a mio parere è il sapere, sapere inteso come consapevolezza dei meccanismi che innescano i fenomeni, conoscenza, informazione, il dibattito è molto spesso incentrato sulle mere contrapposizioni idealistiche piuttosto che sui fatti concreti, la gente sa poco o niente del significato e degli effetti dei provvedimenti messi in atto dalla classe dirigente, non conoscendoli non può giudicarli autorevolmente e con cognizione di causa, si lascia trasportare dalle tendenze e dagli umori, dalle mode. Visto che lo hai citato lo faccio anche io, la testimonianza di Zingales in questo senso è di aiuto, lui mette in rapporto due realtà come quella italiana e quella americana avendo la credibilità derivante dal fatto di averle sperimentate entrambe: per dimostrare come un popolo mosso da ideali sani, e anche populisti se vogliamo, possa favorire un cambiamento in meglio per la società stessa, lui porta l'esempio della lotta agguerrita e senza quartiere del popolo americano in favore del libero mercato ed in opposizione al fenomeno degli accordi di cartello, movimenti importantissimi, che hanno portato, proprio negli USA, alla nascita della normativa anti trust grazie alla quale i cittadini possono essere tutelati da accordi corporativi e lobbistici. Ecco, credo che questo sia un esempio che permette di capire come l'intraprendenza populistica, se accompagnata dalla consapevolezza e dalla comprensione delle tematiche, in questo caso gli effetti distorsivi sul mercato degli accordi di cartello tra imprese, può essere un fattore determinante nello sviluppo di una società. . -
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Non mi trovo d'accordo con Hobbes e con Plauto, o forse semplicemente non mi riconosco nell'uomo da loro descritto, per quanto, in generale, mi duole ammettere che la realtà che mi circonda sia ben diversa. Forse, oltre a non sentirmi italiana, potrei affermare di non sentirmi neppure umana, se questo significa riconoscermi in una specie aggressiva, invidiosa, presuntuosa e prepotente, ma pronta a inchinarsi spudoratamente e inesorabilmente davanti al luccichìo delle monete o al fregio di titoli ai quali non riconosco alcun prestigio e autorità.
Sono anni che la propaganda politica, da qualunque parte provenga, si basa su slogan privi di contenuto e di significato. Sono capace anche io a dire "meno tasse, meno delinquenza, più lavoro, più salute!", ok, d'accordo, benissimo, MA COME? Qual è la proposta, la strategia con cui si pensa di risolvere un problema, di arrivare ad un risultato? E qui c'è il vuoto assoluto. False promesse, insulti all'incapacità dei predecessori e degli oppositori, manovre infinite, tessute e sfilate mille volte come la tela di Penelope, con un'intenzione ben precisa: tenere occupata l'opinione pubblica, mentre la classe politica non fa nulla di concreto e si gode beatamente i propri privilegi.
Per come la vedo io ci sono solo due soluzioni al problema. Imbracciare seriamente i forconi, scatenando una guerra civile e facendo una Rivoluzione seria e cruenta come i francesi, fino a che non si vedano le teste della classe dirigente rotolare nel sangue, oppure, vivere ai margini della società, o anonimamente mescolati ad essa, mantenendo un basso profilo e coltivando il proprio orticello, cercando di parare i colpi alle bene e meglio. Purtroppo la massa è troppo codarda per adottare la prima soluzione e, soprattutto, c'è troppa corruzione, connivenza di interessi, attività illecite e sommerse, anche nelle realtà più piccole, che permettono a una buona fetta di popolazione di vivere nel marcio e trarre addirittura vantaggio dalla situazione attuale. Questa, ovviamente non ha alcuna intenzione e alcun interesse a cambiare le cose. Restano i rassegnati e i sognatori, quelli che sperano che le cose cambino da sole, per chissà quale intercessione divina o per magia e una piccola minoranza di facinorosi. E tutto ciò a discapito di ogni possibilità di risollevare le sorti di questo Paese alla deriva.
Alla rivoluzione pacifica ci crederò soltanto quando avrò l'impressione che la gente capisca di essere ingannata e strumentalizzata e cominci a comportarsi in modo consapevole, intenzionata a un cambiamento radicale, che parta dalle piccole azioni quotidiane, dalle famiglie, dalle scuole, dagli ambienti di lavoro, fino ad arrivare piano piano alle istituzioni e ai vertici mondiali. Diciamo che questa potremmo tranquillamente considerarla un'utopia, ma si dice che la speranza sia l'ultima a morire e che tentar non nuoce. Un singolo individuo non può cambiare tutto il mondo, ma può cominciare a cambiare il proprio mondo e influenzare positivamente quello che lo circondaSPOILER (clicca per visualizzare)Video
"Quando sono venuto qui non sapevo cosa mi aspettava...
ho visto che molta gente mi odiava... e io non sapevo come la dovevo prendere...
poi ho capito che neanche voi mi piacete...
ma durante quest'incontro ho visto cambiare le cose...
Quello che provavate per me e quello che provavo per voi...
Sul ring eravamo in due disposti ad ucciderci l'un l'altro,
ma penso che è meglio così che milioni di persone...
però quello che sto cercando di dire ....
è che se io posso cambiare...
e voi potete cambiare ...
tutto il mondo può cambiare!"
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Sono ignorante, termine mai sentito . -
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Mio trovo in accordo con te Queen.
Però più che a Hobbes, il quale sostiene come l'uomo sia malvagio e sia lupo per gli altri uomini (Homo Homini Lupus); mi sono rifatto al pensiero di Guicciardini, il quale non sostiene che l'uomo sia malvagio ma semplicemente che esso persegue il fine personale e guarda solo al suo particulare.
Detto ciò forse sì Queen, per certi versi una guerra civile sarebbe l'unico modo per migliorare le cose. Ripartire da zero. In una situazione come quella in cui ci troviamo ora la restaurazione non può essere funzionale. "Renovatio", come dice Queen, potrebbe essere la risposta alla crisi.SPOILER (clicca per visualizzare)Le tue risposte sono davvero sempre molto pertinenti e interessanti Queen. Non nego che mi piacerebbe molto avere un faccia a faccia con te per un confronto filosofico. ^^. -
W.K.Heisenberg.
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Ogni volta che sento parlare di Rivoluzione mi domando a che scopo, cosa si crede di ottenere una volta fatta piazza pulita, tralasciando anche il fatto che in Italia non sarà mai possibile in quanto il Paese è inserito in un contesto geopolitico ben definito, l'Italia non è l'Ucraina per capirci, la comunità internazionale non legittimerà mai azioni rivoltose come invece è successo proprio in Ucraina e nel nord Africa, ma ammesso che ciò possa accadere, cosa c'è dopo? Credete veramente che la colpa sia tutta della classe dirigente, dei politici, delle lobby? Sarebbe fantastico se bastasse ciò a sistemare la situazione di degrado che attanaglia il Paese, ma la verità è che i responsabili sono la maggioranza dei cittadini, non solo quei quattro gatti sui quali è tanto facile quanto inutile scaricare tutte le colpe, il populismo di cui si parla è proprio questo, il propinare soluzioni semplici e di moda facendo finta di non sapere che i problemi non si risolvono di certo in quel modo, sarebbe più utile e costruttivo analizzare a fondo le cause che hanno portato alla situazione attuale invece che inneggiare alla rivolta e chiedere la testa della classe dirigente, che poi lo dico senza problemi, preferisco tutta la vita la situazione attuale all'anarchia più assoluta o alla cosiddetta democrazia diretta. . -
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Beh, Heisen, dipende da chi fa la rivoluzione e con quale scopo. Se la facesse un popolo stanco, con l'obiettivo preciso di istituire un governo più a misura di cittadino, più equo, con la possibilità di condurre una vita dignitosa, senza vessazioni e senza privilegi sfacciati da parte della classe dirigente, sarebbe un conto, ma se la facessero dei ribelli intenzionati a prendere il potere, per sostituirsi alla classe dirigente e goderne i privilegi, sarebbe tutt'altro paio di maniche. Oppure potrebbe accadere che un manipolo di rivoltosi, inizialmente ben intenzionati, una volta al potere restino inebriati da esso e si trasformino in tiranni. Mi sembra che la storia ci abbia mostrato e ci mostri tuttora più esempi del secondo e del terzo tipo.
Ti ho dato l'idea di voler fare la Rivoluzione o inneggiare ad essa? Sono una persona assolutamente tranquilla e pacifica, di tutte le tipologie che ho nominato, potrei inserirmi a metà strada tra i rassegnati e quell'ultimo tipo di idealista che cerca di cambiare le cose nel suo piccolo.
Abbiamo visto, proprio nei giorni scorsi, come è fallito il tentativo dei secessionisti veneti (anche se probabilmente ci riproveranno). Il momento storico e la situazione geopolitica di cui parli non sono certamente adatti per quel tipo di ribellione, in questo concordo con te. Il problema non riguarda solo l'Italia, basta vedere quanti altri Paesi, tra cui primi tra tutti gli USA, hanno manifestato il proprio disappunto - e non solo - per la decisione della Crimea.
A parte "analizzare a fondo le cause che hanno portato alla situazione attuale", che cosa proponi? Una volta che sappiamo perché siamo arrivati a questo punto, che al massimo può aiutarci a non ripetere lo stesso errore in futuro, quale è secondo te il modo di uscirne, se c'è?. -
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Mio trovo in accordo con te Queen.
Però più che a Hobbes, il quale sostiene come l'uomo sia malvagio e sia lupo per gli altri uomini (Homo Homini Lupus); mi sono rifatto al pensiero di Guicciardini, il quale non sostiene che l'uomo sia malvagio ma semplicemente che esso persegue il fine personale e guarda solo al suo particulare.
Detto ciò forse sì Queen, per certi versi una guerra civile sarebbe l'unico modo per migliorare le cose. Ripartire da zero. In una situazione come quella in cui ci troviamo ora la restaurazione non può essere funzionale. "Renovatio", come dice Queen, potrebbe essere la risposta alla crisi.SPOILER (clicca per visualizzare)Le tue risposte sono davvero sempre molto pertinenti e interessanti Queen. Non nego che mi piacerebbe molto avere un faccia a faccia con te per un confronto filosofico. ^^
Anche sul pensiero del Guicciardini ho delle perplessità. Forse l'egoismo muove la maggioranza, o forse come ogni forma di prevaricazione risulta più evidente di altre realtà. Non so se dipende dal mio punto di vista, talora eccessivamente idealista e ottimista, ma in caso di difficoltà e bisogno, ad esempio quando si verificano disastri e calamità, gli uomini riescono ad essere collaborativi e solidali in modo sorprendente e a dir poco commovente. Qual è allora la vera natura dell'uomo? Perché nel benessere persegue il proprio tornaconto, ma nel malessere cerca l'appoggio dei propri simili? Se si trattasse solo di opportunismo, la richiesta d'aiuto cadrebbe nel vuoto e nessuno presterebbe aiuto, spirituale o materiale che sia. Invece la solidarietà è un aspetto importante della nostra natura. A questo punto non è possibile generalizzare, gli uomini non sono tutti egoisti e neppure tutti altruisti, ma nemmeno è possibile fare una distinzione netta in buoni e cattivi, perché l'una o l'altra natura emergono nella singola persona a seconda della situazione. E' un discorso davvero molto complesso. Ma spostando l'attenzione sul singolo vado OT, dato che il fenomeno analizzato qui è la massa. E il discorso si fa ancora più complesso, trovandoci davanti a un fenomeno per me inspiegabile, per cui ogni soggetto, preso singolarmente, è apparentemente "buono" e capace di ragionare con la propria testa, ma poi, inserito nella massa o nel branco, diventa capace delle cose più nefande e atroci. Questo farebbe pensare che l'uomo sia un animale aggressivo e vigliacco, esattamente come lo è un cane, che da solo scappa e in branco attacca, sentendosi sicuro, in quanto spalleggiato dai compagni. Ma allora l'altruismo, la solidarietà, la grande generosità, la creatività, il coraggio, l'eroismo, di cui siamo capaci, cosa sono? La risposta che mi sono data, scervellandomi nel trovarne una, è che il genere umano sia assolutamente eterogeneo e mentre una parte è rimasta mediamente più vicina allo stadio animale, un'altra parte si evoluta maggiormente dal punto di vista civile.
Ma l'aspetto istintivo e animale e quello più civile e razionale possono coesistere nella stessa persona, prevalendo ora l'uno, ora l'altro, a seconda delle circostanze. Una di queste circostanze potrebbe essere il sentirsi più al sicuro, spalleggiati e protetti all'interno di una massa.SPOILER (clicca per visualizzare)Adoro riflettere, pormi domande, darmi risposte, il pensiero è il dono più bello e prezioso che ci abbia dato l'evoluzione. A mangiare, dormire e figliare sono capaci tutti gli esseri, a pensare no, quindi perché non accentuare questo tratto distintivo, dal momento che ne abbiamo la possibilità? E' sempre un piacere trovare qualcuno con cui potersi confrontare sui grandi temi, affrontare quesiti esistenziali e perché no, sentirsi anche meno strani e meno alieni nell'esercizio delle proprie facoltà mentali.
Ammetto di avere un'età per cui sarebbe scontato avere una certa maturità, ma posso affermare che tanti miei coetanei non la dimostrano e che sono sempre stata riflessiva fin da piccolissima. L'età c'entra e non c'entra, si tratta proprio di un modo di essere e questo bel dibattito filosofico ne è la dimostrazione.. -
W.K.Heisenberg.
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Queen, le intenzioni possono essere anche le migliori, ma è complicato legittimare l'uso della forza in base alle intenzioni dei facinorosi, mi pare di capire che tu giustificheresti una rivoluzione se fatta da gente mossa da buoni intenti, ma buoni secondo chi? Senza tanti giri di parole, vado subito al punto: per quanti possano essere, coloro che sono disposti a fare una cosa del genere saranno sempre una minoranza, non rappresenteranno mai il volere del popolo, e anche se riuscissero nel loro intento le cose non cambierebbero di certo, come sto cercando di dire la colpa non è esclusivamente della classe dirigente, bensì di un modello di società nel suo complesso, i politici sono la rappresentazione del popolo che li ha eletti, come ho già detto altre volte, mi è difficile credere che i politici siano tutti ladri e delinquenti mentre il popolo sia immacolato e privo di colpe, e poi sarebbe anche opportuno non fare di tutta l'erba un fascio, e oltretutto la crisi attuale non è dovuta alle malefatte dei politici bensì alla loro mancanza di coraggio nel prendere delle decisioni, al loro immobilismo, immobilismo che è una peculiarità del Paese intero, per questo ti dico che una Rivoluzione non servirebbe a nulla, dovrebbe essere fatta contro l'Italia intera, non solo la classe dirigente, è l'intera società che va rivoluzionata.
Quello che bisognerebbe fare secondo il mio parere è informarsi, capire come si è arrivati alla situazione attuale permette di capire cosa è mancato in questi anni e quindi agire di conseguenza, smettere di lamentarsi e cominciare a rimboccarsi le maniche, essere in grado di esprimere una classe dirigente capace, coraggiosa e competente, giudicarla in base ai risultati concreti, tutto qui. Per far questo però è necessario l'impegno di tutti, da soli non si può cambiare niente, se ognuno non fa la sua parte non resta che prendere atto della situazione e far da soli, andare per la propria strada e ignorare il resto, anche in una situazione del genere si possono comunque realizzare i propri progetti e vivere serenamente la propria vita. In conclusione ti dico che una Rivoluzione farebbe più danni che altro, non ha senso radere al suolo un palazzo perché costruito male per poi ricostruirlo affidandosi agli stessi ingegneri e architetti, usando gli stessi materiali scadenti.. -
.Anche sul pensiero del Guicciardini ho delle perplessità. Forse l'egoismo muove la maggioranza, o forse come ogni forma di prevaricazione risulta più evidente di altre realtà. Non so se dipende dal mio punto di vista, talora eccessivamente idealista e ottimista, ma in caso di difficoltà e bisogno, ad esempio quando si verificano disastri e calamità, gli uomini riescono ad essere collaborativi e solidali in modo sorprendente e a dir poco commovente. Qual è allora la vera natura dell'uomo? Perché nel benessere persegue il proprio tornaconto, ma nel malessere cerca l'appoggio dei propri simili? Se si trattasse solo di opportunismo, la richiesta d'aiuto cadrebbe nel vuoto e nessuno presterebbe aiuto, spirituale o materiale che sia. Invece la solidarietà è un aspetto importante della nostra natura. A questo punto non è possibile generalizzare, gli uomini non sono tutti egoisti e neppure tutti altruisti, ma nemmeno è possibile fare una distinzione netta in buoni e cattivi, perché l'una o l'altra natura emergono nella singola persona a seconda della situazione. E' un discorso davvero molto complesso. Ma spostando l'attenzione sul singolo vado OT, dato che il fenomeno analizzato qui è la massa. E il discorso si fa ancora più complesso, trovandoci davanti a un fenomeno per me inspiegabile, per cui ogni soggetto, preso singolarmente, è apparentemente "buono" e capace di ragionare con la propria testa, ma poi, inserito nella massa o nel branco, diventa capace delle cose più nefande e atroci. Questo farebbe pensare che l'uomo sia un animale aggressivo e vigliacco, esattamente come lo è un cane, che da solo scappa e in branco attacca, sentendosi sicuro, in quanto spalleggiato dai compagni. Ma allora l'altruismo, la solidarietà, la grande generosità, la creatività, il coraggio, l'eroismo, di cui siamo capaci, cosa sono? La risposta che mi sono data, scervellandomi nel trovarne una, è che il genere umano sia assolutamente eterogeneo e mentre una parte è rimasta mediamente più vicina allo stadio animale, un'altra parte si evoluta maggiormente dal punto di vista civile.
Ma l'aspetto istintivo e animale e quello più civile e razionale possono coesistere nella stessa persona, prevalendo ora l'uno, ora l'altro, a seconda delle circostanze. Una di queste circostanze potrebbe essere il sentirsi più al sicuro, spalleggiati e protetti all'interno di una massa.
Forse è il mio pensiero ad essere pervaso da un forte pessimismo; però io la vedo in maniera abbastanza opposta alla tua su questo punto. Nemmeno io condivido appieno il pensiero di Guicciardini; ma comunque ritengo che l'egoismo sia insito nella natura umana. E' evidente che non tutti gli individui si comportano nel medesimo modo, di conseguenza il perseguimento del proprio particulare, che ci è tipico, si manifesta con diversa "intensità" da persona a persona. E' vero che di fronte a una situazione difficile gli uomini sono molto più solidali, ma perché questa solidarietà non dovrebbe essere subordinata al mero egoismo? Io, con un certo negativismo ammetto, sono portato a sostenere che la solidarietà sia comunque trascesa dall'interesse personale, e che sia adottata in funzione di esso. Talvolta i motivi egoistici non sono evidenti a primo impatto, ma se si guarda con attenzione un qualsiasi gesto, una qualsiasi azione, si può sempre trovare un, magari apparentemente celato, scopo di soddisfacimento personale. Sono d'accordo con te che la solidarietà sia un aspetto importante della nostra natura, ma non credo che essa sia avulsa dall'egoismo. Per quanto invece riguarda la definizione di "buoni" e "cattivi", così come lo sarebbe quella di "bene" e "male" ritengo che siano dei concetti davvero molto astratti. Quando un'azione è giusta? Quando è condivisa dalla maggior parte delle persone? Quando deriva da un ragionamento corretto? E chi stabilisce che quel ragionamento è corretto? E se per altri non lo fosse? Come vedete al riguardo io preferisco non dare pareri troppo rigidi. Sul fatto poi che l'essere umano sia assolutamente eterogeneo hai la mia totale approvazione.. -
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Credo anche io che nell'altruismo e nella solidarietà ci sia una forte componente di soddisfacimento personale, vuoi che faccia sentire migliori o che faccia sentire utili o che faccia sentire forti/potenti/importanti. Qualunque cosa si faccia, a qualunque prova ci si sottoponga deve corrispondere una qualche forma di gratificazione o risultato, altrimenti non avrebbe senso. In questo caso la motivazione potrebbe non sembrare così nobile o disinteressata, ma se provare compassione per il prossimo fa sentire meglio con se stessi, ben venga: ne beneficia sia chi dà sia chi riceve . -
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A questo punto allora direi che abbiamo trovato un punto di accordo, su questa cosa la penso come te .